PRIMA

La 194 è una legge intoccabile

CORTE COSTITUZIONALE
GALLO FILOMENA,

Un giudice tutelare, chiamato a valutare ed eventualmente autorizzare, ex art. 12 della legge 194/78, una minorenne a procedere all'interruzione di gravidanza, decide di andare oltre i suoi compiti autorizzativi e sollevare un dubbio di costituzionalità sull'art. 4 della legge 194. È avvenuto a Spoleto il 3 gennaio 2012, con ordinanza n.60. La ragazza a dicembre dello scorso anno aveva chiesto di interrompere la sua gravidanza, senza farlo sapere ai suoi genitori. La legge 194 prevede che, tramite un giudice tutelare, la ragazza possa ottenere autorizzazione per l'interruzione di gravidanza. Il giudice, invece, ha utilizzato questo caso per provare a minare una legge a contenuto costituzionale vincolato: la 194 che prevede la possibilità di interrompere una gravidanza se ricorrono determinate condizioni. Egli, infatti, ha sollevato un dubbio non sul diritto della minorenne ad abortire senza il consenso dei genitori, bensì sulla legittimità dell'art 4 della l 194.

Il dubbio di costituzionalità
L'articolo in questione sostiene che una donna possa abortire entro i 90 giorni qualora si presentino condizioni «per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito». Il giudice di Spoleto, al contrario, avrebbe voluto che la Corte costituzionale arrivasse a dichiarare che l'aborto comporta «l'inevitabile risultato della distruzione di quell'embrione umano che è stato riconosciuto quale soggetto da tutelarsi in assoluto». Egli, per snodare la sua argomentazione, parte da una sentenza della Corte di Giustizia europea, approvata successivamente alla 194, che definisce l'embrione «soggetto da tutelarsi in assoluto», ovvero prescindendo dal diritto di autodeterminazione della donna sul proprio corpo, ma in riferimento alla brevettabilità dei risultati della ricerca eseguita su embrioni, quindi sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Inoltre fa appello all'articolo 2 della nostra Costituzione, che tutela i diritti inviolabili dell'uomo, dunque quello della vita, e all'articolo 32 che tutela il diritto alla salute. In sintesi per il giudice l'embrione è persona e l'aborto equivarrebbe a un omicidio.

La decisione della Consulta
Nel pomeriggio di ieri «la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 22 maggio 1978». Dunque il giudice di Spoleto non avrebbe dovuto proprio sollevare il dubbio. Non conosciamo ancora le motivazioni della decisione ma si possono facilmente individuare.
La sua richiesta è infondata per due ragioni. La prima: il giudice di Spoleto è andato oltre i compiti previsti dalla 194. Già in precedenza, per quattro volte, la Corte costituzionale si è espressa su decisioni di inammissibilità riguardanti procedimenti sollevati da giudici tutelari, in quanto la questione è completamente estranea alle loro funzioni. Il compito del giudice tutelare ha carattere «non decisionale» (Corte costituzionale Ordinanza n. 76/1996). Può solo rimuovere l'ostacolo inerente alla capacità di agire autorizzando la minorenne ad abortire. In termini di ammissibilità, dunque, sollevare la questione relativa alla legittimità dell'art. 4 della legge in oggetto, si traduce in una assoluta incompatibilità fra il ruolo del giudice tutelare e la portata dell'articolo.
La seconda ragione: l'appiglio del giudice di Spoleto alla sentenza della Corte di Giustizia europea è senza senso. La definizione di embrione come «qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi» è unicamente funzionale a determinare l'oggetto della sentenza della Corte europea, legata al divieto di brevettabilità del prodotto della ricerca sulle staminali embrionali. Non si tratta di entrare nel merito dei diritti dell'embrione, ma di dirimere una questione di carattere commerciale.
Pur volendo apprezzare la creatività del giudice di Spoleto, non è comprensibile come non ricordasse che in passato la Corte costituzionale si fosse già occupata con due sentenze (la 27/75 e la 35/97) della natura dell'embrione. Basta ricordare quanto stabilito dalla sentenza del 18 febbraio 1975: «Non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare».
Sintetizzando, quindi, il giudice di Spoleto ha sbagliato tecnicamente e nel merito. I colleghi del magistrato relatore Mario Morelli - lo stesso che intervenne nel caso Englaro - a differenza di quanto sostenuto dal segretario del Pdl Alfano che ha definito la decisione «pilatesca», sono entrati nel merito e respinto, come «manifestamente inammissibile», la richiesta del giudice umbro.
Questa decisione della Corte Costituzionale dimostra che la legge è intoccabile. Dimostra che i Giudici non posso tentare di fare politica, soprattutto se partono da presupposti ideologici. Dimostrano che la legge 194 è a contenuto vincolato. Dimostra che questo diritto, ottenuto con numerose e faticose battaglie radicali, è un diritto fondamentale che sancisce l'autodeterminazione della donna.
Purtroppo ultimamente stiamo assistendo a attacchi ideologici alla legge, si pensi all'aumento degli obiettori di coscienza e all'ennesimo ricorso alla Consulta. Tutto questo mette in pericolo i nostri diritti fondamentali, quali quello alla salute, per i quali noi radicali abbiamo tanto combattuto e continueremo a farlo. Ma la decisione di ieri chiarisce che la legge sull'aborto è intoccabile e deve essere garantito il servizio, pena il ricorso alle autorità giudiziarie. Obiettivo in termini di civiltà e tutela deve essere quello di far avanzare il riconoscimento dei diritti, non solo respingendo ogni attacco strumentale e mascherato alla 194, ma estendendo l'informazione sessuale e garantendo il legittimo ricorso all'Ivg e alla RU486.

*Segretario Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica

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