È seccante per la cancelliera Merkel la sentenza con cui la corte costituzionale federale di Karlsruhe ha accolto due ricorsi del gruppo parlamentare verde, che lamentava di essere stato poco e male informato sia sul meccanismo di stabilità europeo Esm (il fondo permanente salvastati) sia sul patto fiscale per il pareggio dei bilanci.
I giudici raccomandano al governo di informare in futuro meglio e più tempestivamente il parlamento, prima della conclusione dei negoziati, su tutte le questioni rilevanti per l'architettura dell'Unione europea.
La Corte protesta contro la tendenza dei governi a regolare un numero crescente di questioni, aggirando le prerogative dei parlamenti, un fenomeno che in Italia negli anni del berlusconismo ha assunto forme ben più gravi che in Germania. A Roma il premio di maggioranza per la coalizione di governo garantisce in modo semiautomatico il passaggio di ogni proposta dell'esecutivo.
La crisi dell'euro, con la coazione a cercare in fretta accordi tra i governi del continente, mentre il parlamento europeo continua a contare come il due a briscola, ha fatto fare un balzo in avanti al processo di «esecutivizzazione» tecnocratica delle decisioni. In questa Europa i parlamenti nazionali vengono messi di fronte a decisioni già prese, presentate come obbligate, e sembra che nemmeno servano più le elezioni perché tanto, come in Grecia, ben poco resta da decidere.
La corte di Karlsruhe non si è pronunciata né sul fondo Esm, né sul Fiskalpakt, entrambi ancora da ratificare in Germania con maggioranze di due terzi. Il governo spera di riuscirci entro la fine di giugno, col concorso dell'opposizione. Sta negoziando con Spd e verdi, che chiedono come contropartita un «patto per la crescita» analogo a quello proposto dal presidente francese Hollande.
A ratifica avvenuta, i giudici costituzionali se ne dovranno poi sicuramente occupare. La destra sovranista già prepara un ricorso contro il fondo salvastati, interpretato come «inammissibile» assunzione di responsabilità per debiti altrui, mentre la Linke ha annunciato che ricorrerà contro i rigidi vincoli alla spesa imposti dal Fiskalpakt.
Stavolta non si trattava di valutare la costituzionalità di una norma, ma di pronunciarsi sul conflitto di competenze tra organi costituzionali, sollevato dal gruppo parlamentare verde come parte del Bundestag, contro il governo federale.
L'articolo 23 della costituzione, nella nuova versione del 1992 che ne ha fatto la norma principale per le questioni della costruzione europea, recita al secondo comma: «In questioni dell'Unione europea concorrono il Bundestag e i Länder, attraverso il Bundesrat. Il governo federale deve informare in modo completo e il prima possibile il Bundestag e il Bundesrat». In seguito la costituzione esplicita l'obbligo di raccogliere pareri delle due camere per i trattati fondamentali dell'Unione.
Quanto al fondo salvastati e al Fiskalpakt, il governo Merkel sosteneva che, trattandosi non di diritto primario europeo ma di accordi intergovernativi, sarebbe stato sufficiente consultare il parlamento in sede di ratifica, come avviene per gli altri trattati internazionali. Paradossalmente, secondo questa lettura, non si sarebbe trattato di «questioni dell'Unione europea», ma dei governi dell'eurozona che hanno sottoscritto i patti.
Di tutt'altro avviso i giudici del secondo senato della corte di Karlsruhe, presieduto da Andreas Voßkuhle, che è anche presidente del Bundesverfassunsgericht: «Anche i trattati internazionali possono essere una questione dell'Unione europea, se completano il diritto dell'Unione europea o comunque sono ad esso strettamente connessi». La cancelliera avrebbe dovuto trasmettere al parlamento già le prime bozze delle intese, prima di sottoscriverle e di presentarle al pubblico ai vertici dei capi di governo.