COMMUNITY

ASILO FILANGIERI, DAI BENI COMUNI AL FARE COMUNE

NAPOLI
LA BALENA,

Interpretando la spinta di liberazione fuoriuscita dai movimenti di difesa dell'acqua pubblica e le successive mobilitazioni per l'affermazione della Cultura come bene comune, la città di Napoli da alcuni mesi sta vivendo una fase di mobilitazione fertile. Il 2 marzo 2012 La Balena (collettivo di lavoratori dello spettacolo e dell'immateriale) con il supporto di altri collettivi territoriali - il Nuovo Cinema Palazzo e il teatro Valle di Roma, il teatro Coppola di Catania e i lavoratori dell'arte di Milano (che nelle ultime settimane hanno dato via al soggetto multiplo Macao) - hanno occupato la struttura dell'Ex Asilo Filangieri, allora sede della Fondazione Forum Universale delle Culture 2013, creatura dell'ex assessore alla cultura Pd Nicola Oddati, rimasta per circa tre anni un porto delle nebbie attraversato da pratiche e scambi clientelari che hanno caratterizzato l'assoluta insipienza del progetto dell'ennesimo grande evento senz'anima. La struttura (un ex orfanotrofio disciplinare della città sita nel cuore del centro storico) è stata rinnovata totalmente affrontando costi significativi (svariati milioni di euro) e rimasta del tutto inutilizzata e silente in una città ammutolita dalla gestione bassoliniana della cultura, in cui l'arte è stata pensata e utilizzata come strumento di costruzione del consenso e non come coscienza critica e creativa del territorio.
La scelta di occupare l'ex-Asilo invece che una delle tante sottostrutture teatrali presenti in città è maturata all'interno del collettivo proprio per sottolineare l'eterogeneità e la molteplicità della nuova compagine politica che soggiace alla produzione culturale ovvero l'intima commistione tra saperi e pratiche dello spettacolo e quelli dell'ambito della produzione immateriale. Insomma, l'occupazione ha voluto avviare un processo di ricomposizione e proposta politica che non dovesse rivendicare favori o presenze ma piuttosto affermare un fare di tipo nuovo basato sulla prossimità, la cooperazione e il mutualismo del nuovo millennio. (...)
Fin dal principio La Balena ha instaurato una relazione con le istituzioni, in particolare con l'Assessorato al Bene Comune, segnata da una legittima distanza e autonomia, non escludendo, però, la possibilità di dialogo che non prescindesse dal reciproco riconoscimento. Più che un Bene Comune si è cercato di avviare un Fare Comune, non la costruzione di comunità ma la territorializzazione di un collettivo in continua trasformazione basato sulla sintesi di istanze e bisogni di un Quinto Stato emergente in tutto il paese. Il pilastro è stato la responsabilizzazione dei cittadini e dei lavoratori (dello spettacolo e dell'immateriale) nell'affermazione del proprio ruolo, dignità, capacità e creatività. Il rifiuto della personalizzazione di istanze collettive è stato il collante che ha saputo mantenere insieme individui affini ma di provenienza assai differenziata.
La cultura è un Fare Comune, un'attitudine che in prospettiva elimina ogni costruzione di consenso e contribuisce alla riflessione e alla crescita complessiva del corpo sociale del paese. Allo stesso tempo è anche il luogo di lavoro e produzione di un insieme di lavoratori atipici, subordinati, ricattati e senza possibilità di organizzazione e sabotaggio e sciopero. La qualità produttiva deve essere staccata dai rapporti di forza salariali, dalle concessioni di spazi, dall'amministrazione discrezionale di privilegi.
Il Comune di Napoli, di recente, ha prodotto una delibera che, in termini contraddittori, prova a riconoscere lo spazio dell'Asilo Filangieri come Bene Comune, ma in realtà nega un agire comune e vincola l'uso dello spazio ad un rapporto di richiesta e concessione, confermando una retorica dei beni comuni priva di legittimità sociale. L'amministrazione De Magistris dovrebbe provare ad attestarsi su una posizione di distanza e riconoscimento di autonomia senza tentare affiliazioni strumentali. Sarebbe opportuno una cessione di sovranità, far sì che il respiro creativo e radicale di una generazione trovi vie di fuga utili a chi verrà in seguito, riconoscere i limiti strutturali delle moderne istituzioni democratiche, senza provare a contrabbandare per proprio un processo che ha radici altrove. Cercare di imporre, dietro la retorica della partecipazione, norme che invece ingabbiano creatività e desiderio è un proseguire sgangherato di un modo di amministrare lontano dalla città.
* Collettivo di lavoratori dello spettacolo e dell'immateriale

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it