L'ULTIMA

Venite fuori O GAY DEL CALCIO

storie
PATRONO MATTEO,

Il commissario tecnico che c'era prima di lui, quello campione del mondo, il Paul Newman di Viareggio, il socialista col sigaro che votava Pd, insomma Marcello Lippi, giurava che in 40 anni di carriera lui di gay nel calcio non ne aveva incontrato neanche uno. Figurati. Un super classico dell'ipocrisia calcistica. Gli omosessuali, questi sconosciuti. La risposta preferita di allenatori, giocatori, presidenti. Quella che toglie da qualunque imbarazzo. Diceva ancora Lippi. «Ci può essere qualcuno che ha qualche tendenza ma non va certo in giro a manifestarla. Per come è fatto il nostro ambiente non sarebbe facile vivere in maniera naturale la propria omosessualità. Io comunque non escluderei mai un gay dalla nazionale».
Poi ieri mattina un fulmine a ciel sereno inaspettato e meraviglioso. Sulla Gazzetta dello Sport c'è un'intervista ad Alessandro Cecchi Paone che parla del libro scritto a quattro mani con Flavio Pagano, a giorni in libreria. Il campione innammorato. Giochi proibiti dello sport (Giunti). Un racconto bellissimo e approfondito sulla sessualità dentro e fuori le rive del campo. La prefazione è firmata da Cesare Prandelli, il ct che ha preso il posto di Lippi sulla panchina azzurra. Comincia più o meno così. «Dai primi calci al pallone in parrocchia a oggi, non riesco a quantificare le persone che ho incontrato, e mai mi sono posto il problema di come vivessero la loro sessualità. Sono sicuro che in molti la pensano come me; ciò nonostante, nel mondo dello sport ancora resiste il tabù nei confronti dell'omosessualità». Per poi proseguire. «Anche l'omofobia è razzismo (...) mentre ognuno deve vivere liberamente sè stesso, i propri desideri e i propri sentimenti. Perché rovinare tutto con la paura, che ti rende prigioniero di te stesso? Per questo tutti dobbiamo impegnarci affinché si rinforzi una cultura sportiva che rispetti l'individuo in ogni sua manifestazione di libertà, probabilmente partendo proprio dalle scuole».
Wow, finalmente. In un momento in cui il calcio italiano offre il peggio di sè tra veleni, imbrogli e violenza, ecco un piccolo grande segno di civiltà, intelligenza e speranza. Da parte di un uomo di sport, un ex giocatore, un formidabile maestro di pallone, dotato di una sensibilità fuori dal comune a queste latitudini (chi non ricorda la dignità con cui Prandelli abbandonò il suo mondo quando scoprì che la moglie era malata di cancro?). Il ct sostiene che i tempi sono maturi affinchè un calciatore famoso faccia coming out e aiuti tutti gli altri a uscire allo scoperto. Succederà davvero? Secondo Cecchi Paone sì, molto presto. E sarà un grande campione di serie A che sta per appendere gli scarpini al chiodo a rompere il tabù.
La storia del calcio italiano è ricchissima di ambiguità, rumors e segreti inconfessabili nascosti dietro matrimoni di facciata. Dal feroce nomignolo «La Marisa» che Benito Lorenzi detto Veleno affibbiò a Giampiero Boniperti (secondo Brera perchè Boniperti giocava in nazionale al posto suo) al casus belli del silenzio stampa azzurro ai mondiali dell'82, un articolo pruriginoso sui compagni di stanza Rossi e Cabrini («chi dei due sarà la muchacha?»). Dai femminielli della corte maradoniana allo scandalo dei ricatti fotografici sull'orgia omosex a bordo di uno yacht in Costa Smeralda che gettò nel tritacarne del gossip alcuni giocatori del Milan. Ogni volta sorrisetti, ammiccamenti, battutacce off the records e poi sempre la solita solfa, da Lippi a Rivera fino a Gattuso. I gay nel calcio? Non esistono. Qualcuno, timidamente, aveva provato a raccogliere la provocazione seguendo l'esempio metrosexual di David Beckham, che giocava con le mutandine della moglie Victoria e posava per le riviste gay. Alberto Gilardino per esempio che durante i mondiali del 2006 si disse felice di essere un'icona dei tifosi omosessuali. Con mezza nazionale azzurra che aveva posato in slip per una pubblicità stracult di Dolce e Gabbana che più gaia non si poteva ma probabilmente nessuno dei protagonisti s'era reso conto di flirtare con l'iconografia gay.
In materia, gli allenatori son sempre stati i più retrogradi, altro che Lippi. Dal fascio-croato Otto Baric che non li voleva in nazionale al pari del brasiliano Parreira, al francese Philippe Troussier che spedì in panchina il povero Kawaguchi il giorno dopo avergli chiesto se per caso amasse gli uomini. Giù giù fino al guru Mourinho che giusto qualche mese fa a Mosca se l'è presa coi russi che non volevano dirgli con che pallone si giocava. «Y esos maricones...». Ecco, per una volta, ci sentiamo anni luce avanti a tutta sta gente qua. Grazie a Cesare Prandelli, che oggi riceverà un premio dagli organizzatori del 27° Glbt Film Festival di Torino. Sacrosanto.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it