CULTURA

«Anna Karenina», esperimenti di realtà simulata

EX PRESS
CARBONE MARIA TERESA,

Bella scoperta, viene da dire leggendo sul «New York Times» quello che scrive la giornalista Annie Murphy Paul in un articolo intitolato Your Brain on Fiction. Forse non sapevamo già che la lettura di un romanzo suscita dentro di noi reazioni che vanno al di là di una piatta e passiva acquisizione di parole una di seguito all'altra? Lo sapevamo, ma - come si suol dire - non lo potevamo dimostrare.
E invece, eccole, le prove. Già nel 2006 dei ricercatori spagnoli avevano effettuato un esperimento che rivelava come, leggendo termini legati agli odori, come caffè o profumo, nel nostro cervello la corteccia olfattiva primaria si «accende», cosa che non accade di fronte a parole neutre, sedia o chiave per esempio. Il mese scorso però, nota Murphy Paul, un gruppo di ricerca della Emory University di Atlanta ha fatto un passo avanti: non soltanto i singoli vocaboli, ma anche le metafore hanno effetti simili: «Frasi come "Il cantante aveva una voce di velluto" o "Quell'uomo aveva mani d'acciaio" sollecitano la corteccia sensoriale, cosa che tuttavia non fanno frasi apparentemente simili, come "Il cantante aveva una bella voce" o "Quell'uomo aveva mani forti"». Ma le scoperte non valgono solo per la sfera dei sensi: Véronique Boulenger, del Laboratoire Dynamique du Langage di Lione, ha condotto esperimenti analoghi con frasi connesse al movimento, del tipo «John afferrò l'oggetto» o «Pablo diede un calcio alla palla» - anche qui la corteccia motoria cerebrale si attiva e «c'è di più, questa attività si concentra in una certa zona se il movimento descritto riguarda le braccia e in un'altra se invece si parla delle gambe».
Insomma, sembra che «il cervello non faccia grande distinzione tra leggere un testo intorno a una determinata esperienza e affrontare quella stessa esperienza nella vita vera». Tanto che Keith Oatley, dell'università di Toronto, ha ipotizzato che per il nostro cervello la lettura rappresenti una sorta di simulazione della realtà, un po' come succede con le simulazioni al computer: e, aggiunge Oatley, «proprio come le simulazioni al computer ci aiutano ad affrontare problemi complessi come la guida di un aeroplano o le previsioni del tempo, così i romanzi e le storie si rivelano strumenti preziosi per affrontare le complessità della vita sociale». Tutto vero, probabilmente - anzi di sicuro. Ma non è un po' triste vedere in Anna Karenina o nella Certosa di Parma soltanto l'equivalente narrativo di un manuale di self help?

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