LAVORO

Chrysler-Uaw, contratto a rischio

USA
PATERNO FRANCESCO,

L'amministratore delegato di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, non ha mai nascosto la mano nei suoi duri negoziati con i lavoratori sulle due sponde dell'Atlantico. E spesso, parlare bene dei sindacati americani gli è stato utile per parlare male di quelli italiani. Il recentissimo rinnovo del contratto in Chrysler ha aperto questa volta una contraddizione dentro il sindacato dei metalmeccanici americani, lo Uaw. E' una storia che potrebbe portare anche a cancellare l'intesa e precipitare la vicenda in un lungo e costoso arbitrato per azienda e lavoratori. Vale la pena provare a raccontarla.
Tutto comincia due settimane fa. «Insieme alla United Auto Workers, nel mese di ottobre abbiamo creato un solido contratto quadriennale che sosterrà i nostri piani di crescita e, soprattutto, premierà i nostri collaboratori per il loro contributo alla rinascita della Chrysler». Firmato Sergio Marchionne. «Non mi è stato chiesto perché ho votato no, le nostre voci vanno rispettate e ascoltate», gli ha risposto indirettamente George Windau, un lavoratore iscritto al sindacato dei metalmeccanici (Uaw), 34 anni di onorata carriera in Chrysler, oggi alla fabbrica Jeep di Toledo, Ohio. Windau è il primo firmatario di un appello ai vertici sindacali, co-firmato da altri 226 lavoratori del gruppo, con cui si chiede di annullare la ratifica del nuovo contratto aziendale. Perché? I dirigenti di Uaw l'hanno trasmesso a Marchionne senza tener conto del voto contrario della maggioranza degli specializzati, gli skilled trades, il 55,6% dei 5.000 uomini e donne su 26.000 dipendenti del gruppo. Insomma, la cosiddetta nobiltà operaia, con più anzianità di servizio e presumibilmente quella che dal nuovo contratto ha ottenuto meno di tutti. Va detto che nulla di tutto questo è successo nella ratifica dei contratti in General Motors e in Ford.
«Hanno usato una scappatoia procedurale per ratificarla - dice al giornale di casa, il Detroit News, Alex Wassell, altro dissidente di Uaw in forza alla fabbrica di Warren Stamping - noi pensiamo sia un brutto accordo e un brutto precedente e faremo di tutto per rovesciarlo». Secondo Bob King, il capo del sindacato, il no degli skilled trades è stato motivato da sole rivendicazioni economiche; un motivo giudicato non sufficiente contro il sì della maggioranza dei lavoratori del gruppo, il 54,75%. «Sono da 18 anni un operaio specializzato e lavoro alla fabbrica di Jefferson North a Detroit - scrive Joe McCloskey ad Automotive News, altro giornale di casa - e posso garantire che gli operai specializzati hanno votato contro il contratto non per motivi economici, ma per la riduzione dei livelli. Un sindacalista che dica altro, sbaglia».
Con la lettera, Windau e gli altri chiedono più democrazia interna, dopo che già nel corso delle votazioni erano emersi malumori su come i vertici di Uaw avrebbero gestito le assemblee di ratifica. Due anni fa, prima della bancarotta di Chrysler, Windau aveva accolto così il piano di salvataggio dell'auto dell'Amministrazione Obama: «Il cuore del presidente è con noi, ma non capisce veramente quante concessioni abbiamo fatto negli ultimi trent'anni in ogni contratto. Ognuno peggiore del precedente».
Impugnando lo statuto, la protesta degli specializzati potrebbe costringere Bob King a cercare di rinegoziare in parte o tutto l'accordo, ma anche Marchionne a spingere l'intesa verso un arbitrato vincolante. E i bonus stabiliti per gli operai? «Come prevedono i contratti negli Stati Uniti - ci dice Gualberto Ranieri, il capo delle relazioni esterne della Chrysler - il bonus sarà pagato quando sarà completato il processo di ratifica degli accordi specifici relativi alle varie unità produttive e di servizi del gruppo Chrysler. Il che dovrebbe avvenire nel giro di alcune settimane». Sempre che non salti tutto.

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