Inchioda pesantemente la «ripresa» tedesca, che si sperava potesse costituire ancora la locomotiva d'Europa. E soprattutto dell'Italia. La produzione industriale in Germania, a settembre, registra una flessione del 2,7% rispetto al mese precedente. Le previsioni parlavano di una caduta più modesta (-0,9%), dopo il -0,4% di agosto. Su base annua (dato stagionalizzato) la produzione industriale tedesca vede un rialzo del 5,4%.
Fin qui le notizie statistiche, con la conlusione che cercadi essere tranquillizzante. C'è però da notare che si tratta del secondo dato negativo consecutivo, con una evidente tendenza al peggioramento. Non mancano le ragioni «congiunturali», secondo il servizio studi di Unicredit. La prima è puramente statistica: il dato di agosto è frutto di una revisione migliorativa della prima stima (da -1 a -0,4%), che ha ovviamente «trasferito» una parte di negativo sul dato successivo. La seconda è invece industriale: la produzione automobilistica è pesantemente crollata (-10,8%, il più forte da febbraio 2009). Ma a sua volta questa caduta dipende dalla buona performance di agosto, quando era invece cresciuta inaspettatamente del 10,5% per soddisfare ordini arretrati.
Il gioco delle compensazioni tra andamenti industriali anomali (e quindi anche statistici) non è però tale da annullare l'inversione di tendenza. E questo dovrebbe avere conseguenze pesanti anche per l'Italia, ormai ampiamente dipendente dalle commesse tedesche. In agosto, appunto, anche la produzione industriale italiana aveva «rimbalzato» in modo anomalo, entusiasmando alcuni dei personaggi minori del governo, a caccia di «buone notizie». Ora ci si attende che i dati relativi alla produzione nazionale di settembre seguano il brutto andamento tedesco.
Attese che pesano anche sulle stime del prodotto interno lordo (Pil) del terzo trimestre, che dovrebbero registrare un modestissimo +0,5%. Sempre meglio di come dovrebbe andare nel quarto, che si spera tocchi almeno lo 0,2. Mentre da più fonti vengono segnalati rallentamenti negli ordinativi dall'estero, che risentono - banalmente - di una domanda globale in fase recessiva.