ECONOMIA

Al primo giorno da presidente Draghi taglia i tassi di interesse

Bce/ RIDUZIONE DI UN QUARTO DI PUNTO, DALL'1,5 ALL'1,25%
PICCIONI FRANCESCO,

Non è stato une esordio in punta di piedi. Mario Draghi, al suo primo giorno da presidente della banca centrale europea, ha messo sul piatto una riduzione dei tassi di interesse, dall'1,5 all'1,25%. Naturalmente «la decisione è stata unanime», ha spiegato il neo-presidente, e probabilmente discussa a lungo anche con Jean-Claude Trichet, che lo ha preceduto nello studio nel cielo di Francoforte.
In ogni caso, è un'inversione di rotta nella politica monetaria che prende atto di numerosi segnali preoccupanti, non solo della «tragedia greca» che si andava consumando nelle stesse ore. In primo luogo, il rallentamento dell'economia reale che - ha anticipato Draghi - porterà ad una revisione delle stime di crescita per quest'anno e il 2012. Per il quarto trimestre, appena iniziato, si profila addirittura una «lieve recessione» per la zona euro.
Il taglio dei tassi non era atteso, anche perché l'inflazione si è stabilizzata intorno al 3%, ben oltre gli obiettivi standard della Bce (2%). Il senso è abbastanza chiaro: si cerca di aumentare la liquidità del sistema, favorendo in piccola parte sia i consumi delle famiglie che gli investimenti delle imprese. Indebitarsi a tasso più basso, di solito, ha questi effetti. Ma nella situazione attuale le famiglie stanno contraendo i consumi non tanto per il vistoso «calo della fiducia», quanto per la stasi o riduzione del potere d'acquisto disponibile (salari fermi, cassa integrazione, perdita dell'occupazione, inflazione). Le imprese, dal canto loro, soffrono soprattutto di sovracapacità produttiva; quindi non sono spinte ad investire, semmai a massimizzare l'intensità di lavoro a secondo degli andamenti del ciclo.
Ma Draghi era atteso alla prova anche sui titoli di stato italiani. Risulta agli operatori che la Bce abbia continuato ad acquistare i Btp, in quantitativi simili a quelli dei giorni scorsi. Al massimo, come notato dallo strategist di Deutsche Bank, «la Bce è rimasto l'unico compratore attivo sul mercato dei Btp». Insomma, senza il suo intervento i valori sarebbero precipitati ancora più in basso.
La domanda dei giornalisti sul tema è stata l'occasione per ribadire il punto di vista di Draghi (ossia di Francoforte): «serve a poco pensare che i rendimenti dei titoli di stato possano scendere per interventi esterni». Se non c'è «una risposta nazionale», continueranno a salire.
Esplicito anche su cosa significa, per la Bce, «risposta nazionale»: i paesi «con debito più elevato devono accompagnare le misure di consolidamento fiscale con decise riforme strutturali per stimolare le prospettive di crescita e la creazione di posti di lavoro». Più in dettaglio ancora, «rimuovere le rigidità nel mercato del lavoro e promuovere la flessibilità dei salari»; oltre alla «liberalizzazione degli ordini professionali e dei servizi pubblici». In pratica, un riassunto della ormai famosa «lettera» firmata insieme a Jean-Claude Trichet e inviata, in agosto, al governo italiano.
Che non è roba passata. anzi, i paesi già «aiutati da Ue e Fmi» e quelli «vulnerabili» come l'Italia devono «essere pronti ad adottare ogni misura aggiuntiva che dovesse rendersi necessaria». La via greca, insomma, senza sconti.

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