VISIONI

Piano e batteria, il jazz riscopre il confronto

CONCERTI
LORRAI MARCELLO,NOVARA

«Ha settantun anni ma... Gesù, è dura suonare con lui!», sbuffa divertito Alexander Hawkins alla fine del concerto a Novara Jazz Winter: quello che può rendere impegnativo un dialogo con Louis Moholo anche per un musicista come Hawkins, pianista assai attrezzato e con ben quaranta primavere meno del suo partner, non è solo l'energia messa in campo dal batterista sudafricano, grande figura della diaspora causata dall'apartheid; è anche, in un duo come questo, l'approccio di Moholo, che quasi mai «accompagna», nel senso corrente: semmai evita di mettersi di traverso, asseconda eventualmente un momento di quiete del piano, ma per il resto segue il filo di un proprio discorso. Una indipendenza vicendevole che non consente di adagiarsi, che richiede una forte attenzione. Per quanto Hawkins sia in confidenza con Moholo come pianista di suoi gruppi, il duo Moholo/Hawkins presentato da Novara Jazz era poi una prima assoluta dal vivo, qualche giorno dopo una incisione in studio. Confronto serrato nel quale i due strumenti agiscono su un piano di rigorosa e reciprocamente rispettosa parità: non c'è subordinazione dell'uno all'altro, e inoltre il drumming di Moholo è tanto intenso, consistente, da non far quasi avvertire il vantaggio di uno strumento polifonico per eccellenza come il piano. Moholo, che predilige un inesausto gioco condotto soprattutto sulle pelli e imperniato sul rullante secco, senza impiego della cordiera, in qualche brano è leggermente più incline all'accompagnamento, ma per esempio utilizzando magari delle figure ritmiche che mantengono un distacco, un'autonomia dall'agire del piano, evitando qualsiasi rischio di piaggeria nei suoi confronti.
Viene da pensare al sublime ossimoro moroteo delle «convergenze parallele». All'inizio di un pezzo, Hawkins interviene direttamente sulle corde, poi si alterna fra le corde e la tastiera, e un po' per volta prende forma una melodia, quella di B My Dear, di Dudu Pukwana, che i Blue Notes con cui Moholo approdò in Europa avevano in repertorio già prima di lasciare nel '64 il Sudafrica. Il tema, di grande pathos, è da Hawkins con estremo tatto poco più che accennato, evocato come un fantasma, e Moholo, timbricamente asciutto, evita di aderire, di indulgere al carattere del pezzo: che è poi un modo splendido di evidenziarlo per contrasto. Nel non facile ruolo del batterista faccia a faccia con un pianista, Moholo ha una vasta esperienza: al vertice dei duo in cui ha dato eccellente prova di sé accanto a pianisti dalla spiccata personalità bisogna mettere quello dell'88 con Cecil Taylor, ma da non trascurare sono quelli con Irene Schweizer, Keith Tippett e Stan Tracey. Una volta chiedemmo a Moholo se non avesse avuto timore nell'affrontare una formula come quella piano-batteria, a maggior ragione con un pianista da prendere con le molle come Taylor: fare jazz sotto il tallone dell'apartheid - ci aveva risposto - lo aveva abituato a tutto: il contrabbassista poteva essere arrestato mentre stava andando a suonare, e un trio ridursi a duo...
I Blue Notes furono adottati dal «nuovo jazz» inglese degli anni sessanta e diedero un inestimabile contributo alla scena dell'improvvisazione europea. Così Moholo (che da alcuni anni è tornato a vivere a Cape Town), dopo essersi formato in Sudafrica come batterista di jazz «straight», matura poi una sensibilità che senza essere integralmente ed esclusivamente «radicale» può mostrare una forte contiguità con le esperienze di drumming della più audace improvvisazione europea. Oxfordiano, classe 1981, Hawkins si è già distinto, oltre che come leader in proprio, mettendo in luce il suo spessore e la sua versatilità in diversi contesti: dal quartetto che anima con il cornettista Taylor Ho Bynum (stretto collaboratore di Braxton e fra i più brillanti esponenti dell'avanguardia americana di oggi), alla collaborazione con un caposcuola dell'improvvisazione europea come Evan Parker a quella con un personaggio di culto come Mulatu Astatke (con cui è stato a Novara Jazz nel 2010). Nel duo con Moholo Hawkins ha mostrato il suo debito col free e in particolare col magistero di Cecil Taylor, ma ha anche lasciato emergere scampoli di melodia, sapori di standard (Prelude To a Kiss), solennità e malinconie alla Abdullah Ibrahim: registri diversi ma sempre con una intensità e serietà di espressione rimarchevoli.
Ormai consolidato appuntamento tardoprimaverile, con il duo Moholo/Hawkins Novara Jazz ha avviato, dopo un primo esperimento lo scorso anno, una vera stagione invernale: che con un budget molto ridotto, intelligenza e buona volontà, e una positiva interlocuzione con l'assessorato alla cultura della nuova amministrazione comunale, va in positiva controtendenza rispetto al panorama generale.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it