ECONOMIA

Il governo fa spread

TITOLI DI STATO Btp in discesa libera, calano tutte le borse europee
PICCIONI FRANCESCO,

La credibilità è una dote impalpabile che sui mercati finanziari riceve una misurazione accurata, un prezzo variabile ma non trattabile. E la credibilità italiana è in caduta libera, aggravata da una credibilità europea altrettanto in crisi. Ma per motivi opposti, o quasi.
La somma comunque dà un risultato pesante: le borse hanno ripreso a calare in modo consistente, dopo un mese che aveva alternato momenti di depressione e altri di euforia, con prevalenza dei secondi. La peggiore è stata Piazza Affari, che ha perduto il 3,82% (con le banche e la galassia Fiat sotto attacco). Soprattutto, i titoli di stato italiani hanno visto ampliare il differenziale (spread) rispetto a quelli tedeschi, fino a livelli mai visti da quando esiste l'euro (404 punti). Tradotto in tassi di interesse che devono garantire per attirare compratori, i Btp decennali hanno superato la soglia del 6% (6,18), cominciando a intravedere quello che è considerato «il punto di non ritorno»: il 7%.
Sull'argomento, i giornali specializzati forniscono grafici e comparazioni con la vicenda degli altri paesi Pigs, da cui risulta che statisticamente abbiamo circa «100 giorni» per evitare di fare la stessa fine. Da qui nasce il coro unanime di imprese e banche rivolto al governo: «il tempo è scaduto, bisogna agire subito».
Dal punto di vista imprenditoriale, però, il problema è proprio il governo. Se si è rappresentati da un premier che la mattina attacca l'euro come «moneta che non ha mai convinto nessuno» e poi il pomeriggio dice il contrario, i mercati fanno due più due senza nemmeno rifletterci sopra: quel paese in queste condizioni (purtroppo è il nostro) non è credibile. Quindi, se vuole prestiti (questo sono i titoli di stato), deve pagare molto di più. L'avvertimento più chiaro è arrivato ieri da Pier Carlo Padoan, capoeconomista dell'Ocse: «Pensare che nessuno ci farà fallire perché siamo troppo grandi come italiani è un gioco troppo pericoloso e non vero». Ovvio il consiglio: «non scherzare col fuoco».
Anche perché l'Italia non può confidare in un «aiuto europeo», visto che l'Unione appare capace di mettere sotto tutela il debito pubblico di alcuni paesi, ma - anche per divisioni interne - non di elaborare una strategia di incentivazione della crescita. Tanto da chiedere, proprio alla vigilia del G20, aiuto a sua volta. E questo ha avuto il suo peso nel determinare la giornata di ieri.
Ma anche le decisioni prese nei giorni precedenti stanno producendo effetti collaterali imprevisti. Per esempio: le banche che hanno titoli di stato greci dovranno accettare di perdere circa il 50% del valore ufficiale. Sembrava un colpo di genio averglielo imposto in modo che potesse sembrare «volontario», così da non dover dichiarare il default di Atene. Ma proprio questo ha reso di fatto inutili i credit default swap (cds, quasi delle «polizze assicurative») sul debito greco. Tradotto: chi aveva comprato quei cds non avrà nessun rimborso. Il che equivale a dichiarare i cds in generale carta straccia.
Tutto bene, si potrebbe pensare; «gli speculatori alla fine la pagano». Vero, ma c'è una conseguenza: senza un'«assicurazione», chi ha titoli di stato rischiosi li vende, deprimendo così il prezzo e facendo salire sia il rendimento che lo spread rispetto ai titoli più sicuri. E non ha aiutato nemmeno la decisione dell'European banking authority (si veda l'articolo di Joseph Halevi) di considerare «tossici» i titoli di stato dei paesi deboli e non anche i «prodotti derivati» di origine tanto privata quanto incerta. A risentirne sono state soprattutto le banche che fanno il loro mestiere normale (credito alle imprese e ai cittadini).
Il tutto dà la forte sensazione che ognuno si muova per conto suo, difendendo interessi particolari a scapito di quelli altrui; ma soprattutto a scapito della stabilità del sistema che c'è mentre si dice di voler realizzare la stabilità di un sistema scritto nei manuali.
Una cosa è infine certa: se si sperava che fosse l'America a poter rivitalizzare la situazione, meglio lasciar perdere. Ieri è fallito un grande fondo di investimento privato - Mf Global - guidato da Jon Corzine, noto per essere stato uno dei boss di Goldman Sachs ed ex governatore del New Jersey. E il mercato immobiliare Usa - dice la Cnn - si sta avviando alla sua «terza depressione». Ah, i bei tempi in cui si poteva tremare se si parlava della «doppia» (double dip)...

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