VISIONI

Vola Pappano su note di Mahler

SANTA CECILIA
PENNA ANDREA,ROMA

Negli ultimi due anni gli anniversari (centocinquantanni dalla nascita e,nel 2011, cinquant'anni dalla morte) hanno spinto molte grandi orchestre a presentare l' integrale dei lavori sinfonici di Gustav Mahler. Non fa eccezione l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che ha programmato in due stagioni l' esecuzione delle sinfonie e dei maggiori cicli di lieder, con Antonio Pappano a guidare un bel drappello di bacchette internazionali (Valery Gergiev completerà la serie in novembre). Difficile pensare a una posizione diversa dall'inaugurazione della stagione sinfonica per l'Ottava Sinfonia, che si porta dietro, accessorio indesiderato ma fatale, quella denominazione dei Mille inventata alla prima monacense del 1910 da un impresario propenso a rinforzare la qualità con la quantità, specie in presenza di compositore abituato alle contestazioni più che ai successi. Fu invece l'unico vero trionfo della vita di Mahler, che si sarebbe spento di là a pochi mesi.
La sinfonia soffre ancora dell' idiosincrasia di molta critica verso questa strana sinfonia, in parte come oratorio, in parte poema sinfonico con voci, fitto di richiami al mondo operistico, ma lontano dai suoi stilemi, creazione che trova antecedenti nelle visionarie opere di Berlioz e Liszt e immediata filiazione nei Guerrelieder di Schonberg (presente alla prima). Non stupisce che l' ottava sia comparsa a Santa Cecilia solo negli anni 60 e da allora abbia avuto in tutto altre tre esecuzioni. La nuova popolarità mahleriana ha sicuramente contribuito al successo della quinta esecuzione romana che ha visto Pappano guidare dal podio della sala Santa Cecilia l'ampia compagine orchestrale e nutrito gruppo di solisti richiesti da Mahler, le tre masse corali, il coro e le voci bianche dell'Accademia, in forma eccellente, e il China National Chorus , pregevole per timbro e impegno. L'interpretazione di Pappano pone al centro il fatto vocale, trascinando dalla prima all' ultima nota tutti gli esecutori in un viaggio travolgente, a perdifiato, i passaggi lirici arroventati, le sonorità piene, tornite, grazie a un'orchestra che ha finalmente trovato un suono caldo e ricco negli archi, con fiati e ottoni che si confermano oggi senza uguali in Italia. L'anima operistica di Pappano lo spinge a stendere, dopo un Veni creator veemente e roccioso, una seconda parte tutta librata sulle ali del canto, con una compagnia di solisti quasi ideale. Perfetto il comparto maschile: il basso Georg Zeppenfeld, classe interpretativa di sempre ma voce più incisiva, il baritono Christopher Maltman, Pater Ecstaticus dal fraseggio mobilissimo, e il tenore Nikolai Schukoff, che ha superato senza sforzo le difficoltà della parte del Doctor Marianus. Fra le voci femminili, accanto a Christine Brewer, Ailish Tynan e Maria Radner, spiccavano Manuela Uhl e Sara Mingardo, fra le migliori interpreti mahleriane, capace di far aderire le sfumature di ogni frase al suo timbro privilegiato.

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