CULTURA

Un pioniere delle culture digitali

RICORDI - La convergenza tra tecnica e studi umanistici, un convegno su Giuseppe Gigliozzi
CIOTTI FABIO, RONCAGLIA GINO

Il 28 ottobre di dieci anni fa moriva Giuseppe Gigliozzi, uno dei primi esploratori dell'affascinante territorio che vede la confluenza delle discipline umanistiche e dell'uso di strumenti informatici e di rete. La sua figura di studioso e di docente ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale per lo sviluppo del settore, che in italiano ha assunto il nome di informatica umanistica e nel mondo anglosassone quello di digital humanities.
Un ambito di studio che ha in Italia scarso riconoscimento accademico, ma che ha un enorme interesse sia teorico sia applicativo: cosa succede agli studi filologici, letterari, storici, filosofici, con la disponibilità di strumenti per analizzare i testi o creare edizioni critiche digitali? Cosa cambia la rete nel modo di fare ricerca e didattica in campo umanistico? Come cambiano i libri, quali sono le prospettive dell'e-book, quali le nuove strutture narrative e i nuovi strumenti espressivi che possono essere utilizzati? Quali prospettive si aprono per la gestione e valorizzazione dei beni culturali? Come cambia il concetto di biblioteca, che forma avranno le nuove biblioteche digitali?
Giuseppe Gigliozzi è stato fra i primi a porsi questi interrogativi. Lo ha fatto spaziando dal mondo a lui più vicino degli studi letterari con metodologie informatiche a quello degli studi di archivistica e biblioteconomia digitale, fino alle prime riflessioni sulle nuove forme delle culture digitali. Ma, senza dubbio, l'eredità più importante che Gigliozzi ha lasciato consiste nelle diverse generazioni di studiosi e ricercatori che attraverso il suo insegnamento hanno incontrato temi e metodi di ricerca nuovi, e che nel tempo hanno contribuito alla crescita dell'informatica umanistica. Per ricordare la sua figura, la Mediateca delle Scienze umanistiche 'DigLab' dell'Università di Roma La Sapienza e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Roma Tor Vergata hanno organizzato un convegno di studi che si è aperto ieri a La Sapienza e si conclude oggi a Tor Vergata.
L'informatica umanistica, il cui statuto è stato al centro della sessione di ieri, è una disciplina trasversale dai confini non sempre chiari, insegnata in molte università ma priva di un settore scientifico di riferimento (quasi un'eresia per l'organizzazione attuale dell'accademia in Italia), con il risultato che a insegnarla sono spesso docenti appartenenti a settori diversi, o giovani le cui prospettive di inserimento organico nel mondo della ricerca appaiono tutt'altro che rosee.
Tito Orlandi, figura di riferimento per la «scuola romana» di informatica umanistica e oggi impegnato nel promuoverne lo sviluppo attraverso il Centro Linceo Interdisciplinare, e Dino Buzzetti, presidente della neonata Associazione per l'Informatica Umanistica e la Cultura Digitale, ne hanno ricostruito la storia. Una storia lunga ormai una cinquantina di anni, che comincia sulle schede perforate e prosegue oggi sul web, trasformandolo progressivamente in uno straordinario strumento di studio e ricerca anche nel campo delle scienze umane.
Dalle banche dati di testi classici alle edizioni critiche digitali, dalle ricerche di narratologia alle possibilità offerte dagli e-book «arricchiti», molti e interessanti sono i risultati di questo lavoro, come è emerso nei lavori del convegno, che hanno messo in primo piano il più importante dei libri di Gigliozzi, il saggio Il testo e il computer, pubblicato per la prima volta nel 1993 con il titolo Letteratura, modelli e computer. I temi affrontati nel volume andavano dall'esposizione delle basi concettuali dell'informatica agli strumenti più utili per l'umanista, passando per gli ipertesti, le biblioteche digitali e la modellizzazione delle strutture narrative. Con l'ironia e l'innata capacità didattica che lo distinguevano, Gigliozzi ha insomma affrontato nella sua carriera l'intero ventaglio delle questioni, dei problemi e delle potenzialità ancora al centro del dibattito sull'informatica umanistica, con una capacità di previsione che non può non stupire. Ed è stato fra i primi ad allargare il discorso al mondo delle culture digitali, tema toccato ieri da Giovanni Ragone e che sarà oggi al centro della giornata conclusiva del convegno.
«Chi rimpiangerà i vecchi tempi resterà inesorabilmente schiacciato dalla voglia di robot che dilagherà fra i giovani», prevedeva Gigliozzi. Una voglia di mediazione tecnologica che dieci anni dopo la sua scomparsa si esprime in molti modi (basti pensare a lettori mp3, tablet, smartphone): la digitalizzazione non ha cambiato solo le pratiche di ricerca e innovato le sue metodologie; ha investito il nostro intero universo culturale e comunicativo.

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