CAPITALE & LAVORO

Marchionne: «Sciopero inutile»

AUTO - L'ad Fiat torna ad attaccare la Fiom. Il futuro degli impianti italiani sempre più incerto
PATERNO FRANCESCO,INVIATO A TORINO

Anche l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne s'indigna. E anche la causa è un po' la stessa dei movimenti, un problema di diritti: lo sciopero proclamato dalla Fiom per domani negli stabilimenti italiani del gruppo, fa capire il manager, è un diritto che andrebbe negato, perché è «un non sense, è pessimo» e perché «scioperare e protestare non serve a niente». Benedizione migliore alla manifestazione di Roma non poteva dare. Maurizio Landini, segretario della Fiom, risponde che queste «parole confermano la ragione della protesta, perché la Fiat fa quello che vuole».
Marchionne è tornato in Italia dopo aver chiuso per Chrysler il contratto con i metalmeccanici americani di Uaw e presentare a Torino le ultime due Lancia di lusso, l'ammiraglia Thema e il monovolume Voyager, due cloni Chrysler con motore turbodiesel italiano e rivisti nell'assetto e impreziositi negli interni secondo i gusti della clientela europea.
Due modelli di scarso impatto nei numeri (prevista la vendita a regime di complessive 21.000 unità in Europa), quanto di buoni margini per il gruppo grazie al cambio euro-dollaro e alla produzione in America. Ma insieme alle due vetture, l'amministratore delegato lancia un messaggio pesante che potrebbe preludere a nuove drastiche scelte in Italia, dopo la chiusura della fabbrica di Termini Imerese al 31 dicembre: «Il mercato italiano - dice Marchionne - è sceso da 2.450.000 unità del 2008 a 1.750.000 stimate per il 2011, con la perdita di circa 700.000 vetture. Alla Fiat costa 210.000 vetture e questo è l'equivalente di uno stabilimento italiano». Mirafiori? Viene da pensarlo, anche se ufficialmente la capacità produttiva qui sarà portata fino a 280.000 vetture all'anno entro il 2013, sempre che arrivi un altro prodotto per ora assente e sempre che i piani vengano confermati.
«Questo significa - ha continuato Marchionne - che la macchina industriale non può girare. Noi abbiamo un terzo del nostro mercato in Italia, siamo scesi. È inutile andare a cercare modelli nuovi, a chi li vendiamo? Non c'è mercato». Nel frattempo, è stato annunciato un terzo anno di cassa integrazione per gli stabilimenti della ex Bertone.
Parlando sempre davanti al teatro Carignano, gioiello della cultura torinese, il top manager di Fiat-Chrysler - accompagnato dal presidente della Fiat John Elkann - ha manifestato tutta la sua coerenza su quel che ritiene debbano essere le relazioni sindacali del primo gruppo industriale italiano in questo paese. «Ma quale piano industriale dovrei dare ai sindacati più di quello che ho già dato? I modelli non li ho detti nemmeno al mercato americano», alzando il tono della sfida ogni volta che parla, quasi per tagliarsi dietro i ponti come Cortés quando sarà il momento di confermare quanto sono americani testa e cuore del gruppo. In America non ha mai osato dire che uno sciopero è un «non sense», sia perché lì è costretto a misurare le parole con più attenzione, sia perché il sindacato è tuttora l'azionista di maggioranza della Chrysler. E a domanda se stesse trattando con il fondo Veba dei metalmeccanici per rilevare la loro quota, ha risposto che «non è un buon momento per parlare con nessuno di quote azionarie».
Oltre a sparare a zero contro la Fiom, Marchionne prende a prestito quel che sta accadendo altrove per negare la giustezza di ogni protesta, «lo abbiamo visto con gli scioperi in Grecia, non servono», dove nonostante una rivolta sociale sempre più ampia, il governo tira dritto nel tagliare posti di lavoro, stipendi e diritti. Non concede un millimetro nemmeno a Confindustria, da dove Emma Marcegaglia prova ancora e inutilmente a mandare segnali di pace alla Fiat uscita sbattendo la porta: «La Confindustria lasciamola fuori - dice Marchionne - la Fiat non c'entra, non chiedetemi nemmeno di esprimere un'opinione». A suo unico onore, va detto che il manager ci risparmia almeno generiche parole di «comprensione» sulla protesta degli indignati, sentite invece da altri personaggi improbabili come il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo. A ognuno il suo mestiere.
Su Fiat-Chrysler, il manager ribadisce che tutto è a posto, compreso il declassamento ultimo di Fitch per Fiat («non è una sorpresa, il downgrade riguarda tutti i settori»). «So che il futuro è buono per il gruppo - aggiunge infine - non credo che dovremo cambiare i numeri del 2012, la cosa importante è che nel 2011 saremo in linea con le aspettative. Ci stiamo abituando a un nuovo modo di gestire il mercato, per questo siamo così attivi nella raccolta di capitali». Parole discutibili da un manager dell'auto, che in teoria dovrebbe concentrarsi innanzitutto sulla produzione di modelli più appetibili per i mercati. si farà ma lontano dalla zona dei cantieri. È quanto ha deciso il Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico riunito ieri, a cui hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco di Torino, Piero Fassino e il presidente dell'osservatorio tecnico sulla Torino-Lione, Mario Virano. «La manifestazione di domenica si farà anche perchè sarebbe del tutto inopportuno vietarla perchè un divieto diventerebbe motivo di tensione ulteriore - ha detto Fassino - Dovrà essere una manifestazione nel rispetto delle leggi del paese e delle norme che le autorità di polizia hanno predisposto». «I tentativi incredibili, le forzature incostituzionali e illegali del sindaco di Roma Gianni Alemanno per impedire una manifestazione di tecnici e operai contro un governo insipiente e nullo sono da respingere al mittente». Lo afferma Antonio Di Pietro. Il segretario Idv, che nei giorni scorsi si è richiamato alla «legge Reale», ieri sembrava avere cambiato idea: «Si riconsegni Roma ai manifestanti pacifici, seri, rigorosi che hanno nella loro storia ben chiaro quanto danno hanno provocato coloro che hanno agito con forme di violenza».

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