EUROPA

«L'800 di Marchionne»

LAVORO
PATERNO FRANCESCO,

Ci voleva la rottura con Confindustria per sentir dire di Sergio Marchionne cose ascoltate almeno da un anno e mezzo dalla Fiom. «La scelta di Fiat di uscire da Confindustria è la scelta di non rispettare le regole, le norme di questo paese», dice oggi il leader della Cgil, Susanna Camusso, «i famosi grandi innovatori stanno tornando a ricette ottocentesche». E aggiunge: «Fabbrica Italia, il famoso piano annunciato dalla Fiat, sembra sempre più una chimera». Sottolineando che il progetto del Lingotto «sta diventando come il piano per il Sud. Il Suv è andato è venuto dagli stabilimenti di Mirafiori credo ormai tre volte».
Ormai, quando si discute di Fiat, è diventata regola procedere per strappi. Il giorno dopo l'annuncio dell'uscita della Fiat dalla Confindustria, a restarci più male sono stati i sostenitori dell'amministratore delegato, mentre dal governo sono arrivati apprezzamenti («io sto con Marchionne», dice il ministro Renato Brunetta, «preoccupazione» e «ricomposizione», dice Maurizio Sacconi). Disperate le reazioni del leader della Cisl, Raffaele Bonanni, e dell'ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino: «Non capisco» e «strappo incomprensibile».
Eppure Marchionne si è mosso alla luce del sole. La Fiat non ha bisogno della Confindustria e dei suoi quasi 150.000 associati; ha bisogno di avere le mani libere sul mercato del lavoro, alla vigilia della nuova recessione. Inoltre, la decisione di spostare in avanti la produzione di un piccolo Suv a Mirafiori fa parte di una tecnica di cui Marchionne, uomo di finanza, è stato maestro negli ultimi due anni: il rinvio degli investimenti gli permette di allocare altrove le risorse (come per la scalata alla Chrysler) o di fare riserve per affrontare la crisi e un mercato dell'auto in discesa. Goldman Sachs ha tagliato le previsioni di crescita del Pil mondiale, mentre gli analisti di Rbs hanno tagliato del 15% le stime degli utili dei gruppi europei delle quattro ruote. I concessionari del gruppo vedono nerissimo, in mancanza di nuovi modelli. Ma anche dove Fiat fa soldi veri nell'auto e detiene la leadership come in Brasile, nei primo nove mesi dell'anno le vendite sono cresciute dello 0,3%, a fronte del +2,3% del concorrente Volkswagen. Se Marchionne rinvia i nuovi prodotti, insomma, altri corrono. In borsa (per quel che vale, in un clima da tragedia greca e da banche sull'orlo del collasso), ieri Fiat Spa ha ceduto il 7,47% a 3,666 euro, Fiat Industrial l'8,46% a 4,888 euro.
Uscendo da Confindustria, Marchionne ottiene carta bianca proprio nel giorno in cui Ben Bernanke, capo della Federal reserve statunitense, si dice pessimistra sul mercato del lavoro globale. Nel mondo Fiat, la situazione è già tesa. Se a Mirafiori il rinvio della produzione del Suv porterà altri mesi di cassa integrazione, nella fabbrica di Melfi la produzione sarà sospesa per sette giorni fra la fine di ottobre e il prossimo mese di novembre, perché il mercato rallenta. In Sicilia, hanno scioperato per il secondo giorno consecutivo le tute blu della Fiat e dell'indotto di Termini Imerese, fine corsa al 31 dicembre. C'è attesa e preoccupazione tra gli operai per la riunione di oggi al ministero dello Sviluppo economico sui dettagli del piano industriale della Dr Motors. Va male anche in Campania, dove la Cgil ha detto ieri di considerare «sbagliata» la scelta di Fiat di attivare le procedure di licenziamento dei lavoratori Irisbus a pochi giorni dalla manifestazione d'interessa da parte di alcuni industriali cinesi per rilevare lo stabilimento. Dice il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere. «Non vorremmo essere alle solite, ogni qualvolta un investitore straniero cerca di entrare nel mercato italiano la Fiat compie azioni per scoraggiarlo. Alla faccia di quel mercato assunto più volte come parametro di comportamento per questa grande azienda nazionale. Un'azienda che non chiarisce cosa vuole fare in Italia ma allo stesso tempo non vuole concorrenza nel Paese».

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it