Dati oggettivi e previsioni si intrecciano quasi per magia, e concorrono a definire l'attuale manovra economica come un suicidio nazionale. Partiamo dai dati, insospettabili di «partigianeria comunista» perché provengono dall'associazione imprenditoriale che fin qui ha più convintamente sostenuto la politica economica di questo governo: Confcommercio.
Ma i fatti hanno la testa dura, dicono gli inglesi, e quindi proprio i commercianti sono costretti a dire che «la debolezza dei consumi a livello pro capite, complice il biennio di crisi 2008-2009, lascia prevedere un rallentamento generalizzato dell'uscita dalla crisi tanto che, a fine 2011, ben 17 regioni su 20 rischiano di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000». Delle tre regioni che non sono precipitate fino a quel punto, nessuna è «trainante» per l'economia nazionale: Friuli, Molise, Basilicata. Il Mezzogiorno è ovviamente quello messo peggio, con picchi pesanti in Calabria, Puglia, Sicilia e Campania; quelle più pesanti in termini di popolazione.
Nell'arretramento a 11 anni fa, un grande ruolo è affidato anche ai generi alimentari, considerati di solito pressoché incomprimibili. La Confederazione italiana agricoltori (Cia) calcola che «nel giro di un triennio gli italiani hanno ridotto di circa 350 euro la parte dello stipendio per cibo e bevande». Non una «stima», ma un «dato medio» preciso: «la spesa alimentare era di 461 euro mensili a famiglia nel 2009, cala a 447 euro medi al mese nel 2010. Vuol dire il 3,1% in meno in dodici mesi e ben il 6% in meno da quando è cominciata la crisi». Se pensate che abbiamo solo tagliato aragosta e caviale, sbagliate: «il 41,4% degli italiani ha diminuito gli acquisti di frutta e verdura, il 37% quelli di pane e pasta e il 38,5% quelli di carne rossa e pesce». Chissà se spendiamo meno anche per il ditologo, a questo punto...
Giustamente, le associazioni dei consumatori spiegano che l'aumento dell'Iva in queste condizioni è «criminale», perché aumenta i prezzi di qualsaisi merce, compresi i generi alimentari; e quindi diventa una tassa «eguale per tutti», ma che che pesa davvero soltanto su chi ha le tasche già vuote.
Le stime invece arrivano da anticipazione sul World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, confermate dalla Bce; altre due istituzioni ben poco liberal. Impietose, dicono che il prodotto interno lordo (Pil), nel 2011, italiano sarà ancora minore di quanto previsto prima: 0,8 invece di 1%. Il che fa già sballare di qualcosa i calcoli del governo sulle future entrate ricavabili dalle sue misure cervellotiche. Ma, soprattutto, questo arrestarsi della crescita - che diventerà più sensibile il prossimo anno (+0,7%, invece di 1,3) - rende impossibile qualsiasi aggiustamento dei conti o ripresa dell'occupazione.
Vero è che questa frenata è comune a tutta l'economia globale, ma è più grave proprio nei paesi più avanzati; ovvero Stati uniti ed Europa. Con una particolarità: tutti i paesi europei hanno approfittato della breve pausa nella crisi per recuperare i livelli di produzione esistenti prima del 2008. Tranne Spagna e Italia, e non sembra un caso (in entrambi i paesi il peso del settore immobiliare è spropositato).
Ma non è finita qui. Lo stesso Fmi apprezza «la recente stretta adottata dall'Italia e l'impegno a portare avanti alcune delle misure per il consolidamento di bilancio varate a luglio», ma avverte che «il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, che è l'obiettivo del governo, richiederebbe alcune misure addizionali». Ovvero ancora più deflazionistiche e depressive, che allontanano ogni possibilità di crescita.
Senza alcuna paura di entrare in contraddizione, però, lo stesso Fmi avverte che che c'è il rischio che «la crisi vada oltre il controllo dei policymakers, nonostante la forte risposta politica adottata nel summit europeo di luglio». Basterebbe il peggioramento anche di una sola di queste «criticità»: «stallo politico sulle misure di bilancio, un mercato immobiliare debole, aumento dei tassi di risparmio delle famiglie o peggioramento delle condizioni finanziarie». Un medico che prescrive un salasso quando sei già debole... è meglio perderlo che trovarlo.