ECONOMIA

Speculatori aiutati da una manovra poco credibile

MERCATI
ROMANO ROBERTO, SANTORO ALESSANDRO,

In queste ore drammatiche non è il caso di fornire alcuna giustificazione agli speculatori. Tuttavia, va detto con chiarezza che a questo attacco ha contribuito fortemente lo stato di confusione e la scarsa credibilità dell'azione governativa. Solo due mesi fa il Governo ha presentato il Documento di Economia e Finanza nel quale ha enunciato al Parlamento e all'Unione europea gli obiettivi macroeconomici e di finanza pubblica per il periodo 2011-2014. Numerosi esperti nazionali ed internazionali ed esponenti politici dell'opposizione avevano sottolineato la scarsa credibilità del Def e la necessità di una manovra correttiva già nel 2011.
L'annuncio della stessa è stato posticipato nella (peraltro vana) speranza di ottenerne dei rendimenti elettorali. Ora la manovra è stata presentata ed essa, oltre che tardiva, si discosta da quanto il Governo ha dichiarato nel Def sia nelle dimensioni sia nella composizione, lasciando inoltre aperti una serie di inquietanti interrogativi circa la sua solidità e i suoi impatti sulla progressività del sistema tributario.
Per quel che riguarda i conti, il discorso è piuttosto semplice. Partiamo dalle previsioni più aggiornate dell'Unione Europea, secondo cui l'indebitamento netto tendenziale, pur tenendo conto degli effetti delle manovre già adottate, si sarebbe collocato, in assenza di questa manovra al 3,2% del Pil nel 2012. Con la correzione governativa, ma tenendo conto anche delle maggiori spese per missioni militari, il rapporto si dovrebbe collocare a un livello di poco inferiore, e quindi ben superiore a quello che il Governo aveva annunciato nel Def e che, apparentemente, è confermato nella manovra (ovvero il 2,7%). A prescindere dai contenuti della manovra di finanza pubblica, c'è quindi un problema di credibilità della stessa, nei suoi saldi essenziali. E si sa che i problemi di credibilità sono pane essenziale della speculazione.
Tralasciando i problemi di credibilità, si pone anche una questione di contenuti. Metà della manovra correttiva, cioè circa 20 miliardi di euro sui 40 totali del quadriennio, sono composti da incrementi fiscali. Lasciando da parte mini-patrimoniali e incrementi dell'irap sulle banche, che rappresentano tutto sommato importi marginali, circa 15 miliardi dovrebbero arrivare da interventi demagogicamente definiti di riduzione delle agevolazioni fiscali. In realtà, si tratta di tutt'altro: sono in arrivo tagli delle detrazioni fiscali, quelle che servono tra l'altro a ridurre il carico sui lavoratori dipendenti e sulle famiglie numerose, e aumenti delle aliquote Iva, che si trasleranno sui consumatori.
Non c'è traccia di alcun intervento volto a ripristinare l'equità e la progressività del sistema fiscale. Il ritocco delle aliquote di tassazione sulle rendite finanziarie era dovuto ma non è certo in grado di ridurre il gap strutturale tra tassazione del patrimonio in Italia e livelli degli altri paesi Ocse. Per raggiungere questo obiettivo sarebbe necessario ripensare la struttura intera del prelievo, sostituendo prelievi sui redditi con prelievi sul rendimento presunto del patrimonio, sia reale sia finanziario, valutato tenendo conto dei valori reali di mercato.
In sintesi, neppure in questo momento di grande difficoltà vanno trascurate le responsabilità di chi ha la guida della politica economica del paese, né dimenticate le possibilità alternative che un'economia come quella italiana possiede. È questo il messaggio più credibile contro la speculazione selvaggia che ci sta colpendo in questi giorni.

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