VISIONI

Il Macro diventa una Fondazione, alla guida Bartolomeo Pietromarchi

Musei / LA RISPOSTA ALLA CRISI E ALL'ASSEMBLEA PERMANENTE
DEL DRAGO ELENA,

La programmazione estiva 2011 del Macro è ricca ed eterogenea, quasi a riassumere gli ultimi due anni caratterizzati da una rinascita: 16 mostre dedicate ad artisti diversissimi fra loro, da Tomas Saraceno e le sua magnifica installazione poetico-ecologista alla riscoperta felice di Bice Lazzari, una miriade di possibilità che riassumono e chiudono un ciclo iniziato due anni fa.
Allora lo storico dell'arte Luca Massimo Barbero aveva accettato la direzione del museo che, di lì a poco, si sarebbe arricchito di una nuova ala disegnata dall'architetta francese Odile Decq. Non c'è dubbio che, proprio l'inaugurazione del nuovo progetto, contribuì a integrare la costruzione nel quartiere e nella città, in uno sforzo di apertura che la gestione di Massimo Barbero aveva già peraltro iniziato. La molteplicità delle offerte, la scelta di rivolgersi a un pubblico giovane attraverso l'organizzazione di momenti ricreativi, il desiderio di guardare all'estero senza perdere di vista la scena locale, la capacità di avvicinare un pubblico più vasto senza allontanare gli addetti ai lavori, si è tradotto presto in un esponenziale aumento dei visitatori. Poi lo scorso maggio la scelta delle dimissioni del direttore che, evidentemente, non aveva trovato sufficienti garanzie per il proseguimento del proprio programma. Una scelta che ha spinto moltissimi operatori del settore - curatori, critici, artisti, giornalisti - a mobilitarsi per difendere quella che ormai si considera una ricchezza della città: non si vuole rinunciare a un museo flessibile, aperto agli stimoli esterni senza eccessive mediazioni burocratiche e le affollate assemblee indette dal gruppo di Occupiamoci di contemporaneo sono la dimostrazione.
Alla fine, è arrivata una risposta alle molte richieste: si è trovato un nuovo direttore, Bartolomeo Pietromarchi, al quale sono state date le necessarie assicurazioni perché potesse accettare l'incarico. È stato lo stesso assessore alla cultura, Dino Gasperini, nella conferenza stampa di presentazione, a dichiarare gli impegni di natura economica: «A settembre approveremo la delibera che consentirà la nascita della fondazione del museo Macro. Lo statuto è pronto. E abbiamo stanziato, per il bilancio previsionale, due milioni di euro. Verificheremo, inoltre, se ci sarà bisogno di altri fondi».
Bartolomeo Pietromarchi, classe 1968, dal 1997 al 2003 ha diretto il programma di arte contemporanea della Fondazione Adriano Olivetti, successivamente ha collaborato con l'Hangar Bicocca di Milano e, recentemente, per il Maxxi ha curato il Premio Italia. Un'attenzione al panorama artistico nazionale che caratterizza anche il suo testo più recente, Italia in Opera, La nostra identità attraverso le arti visive, (Bollati Boringhieri), nel quale l'autore delinea un ritratto della nostra identità collettiva composto dalle molte interpretazioni fatte dagli artisti, capaci, nei migliori dei casi, di guardare con acume al presente, immaginare il futuro, ma soprattutto continuare a riflettere su fatti e misfatti senza permettere che l'oblio cada definitivamente su di essi.
Pietromarchi, che non ha ancora sviluppato un piano espositivo dettagliato, al contrario possiede una visione del Macro che ci consente di intravedere ciò che sarà. «Penso a un museo - ha raccontato - attento a ciò che accade Roma, perché questa città sta esprimendo una domanda straordinaria di arte contemporanea. Vedo questo museo come punto di riferimento per tutto il sistema dell'arte, gallerie, fondazioni, gli altri musei, un hub, un connettore tra i diversi protagonisti. È necessario lavorare in termini di struttura e dunque credo sia fondamentale la nascita della Fondazione, strumento indispensabile per seguire ciò che accade». Un ruolo suggerito al neo direttore anche dalla struttura architettonica del museo: «Il Macro è caratterizzato da una diversità di spazi molto ampia che, dal mio punto di vista, non devono essere soltanto espositivi, perché intendo dare molto impulso alla formazione: vorrei che fosse un centro di produzione culturale, piuttosto che un museo inteso in senso classico».

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