VISIONI

«L'identità musicale, ricerca comune fra ebrei e musulmani»

Intervista/CATHERINE BENDAYAN
LORRAI MARCELLOFES

Fotografa e ricercatrice, coordinatrice per l'Europa di Musiques Sacrées du Monde, Catherine Bendayan è nata in una famiglia ebrea marocchina con origini sia berbere che andaluse: ha casa a Parigi, e da qualche anno ha scelto di tornare ad averne una anche a Fes, dividendosi tra le due città.
A quando risale la presenza ebraica a Fes ?
In realtà a prima della fondazione di Fes: in quest'area c'erano già degli ebrei, in particolare degli ebrei berberi. Questa presenza si consolida nel dodicesimo secolo, quando arriva Maimonide, e delle comunità ebraiche, provenienti in particolare, come Maimonide, da Cordova, cominciano ad installarsi nella Medina. Dal nomadismo degli ebrei berberi si passa così ad una dimensione sedentaria, ma praticando mestieri legati al commercio tipici del nomadismo ebraico. Maimonide a Fes prosegue le sue ricerche in campo scientifico, medico, astrologico e filosofico. Gli ebrei si raccolgono in un quartiere nel cuore della Medina, e alla Qaraouiyne, un'università dove il pensiero islamico si sviluppa in associazione con gli ebrei: nella Medina gli ebrei condividono con i musulmani tutta una vita comunitaria e una quotidianità, fatta di forno del pane - di musica, di mestieri in comune. È in questa condivisione che è radicata l'identità giudeo-marocchina a cui gli ebrei originari di questo paese sono così tenacemente legati.
Poi cosa succede ?
La riconquista cattolica della Spagna provoca un massiccio afflusso di arabi ed ebrei, e i rapporti fra le comunità si fanno più tesi. Viene creato un quartiere separato, il Mellah, riservato agli ebrei, con lo scopo di difenderli. Ma a questo punto si registra anche un fenomeno non marginale di conversioni all'Islam di ebrei che vivevano nel loro quartiere storico, per proteggere le loro attività, ma anche per attaccamento alla Medina e alla stessa vita in comune con i musulmani. Ma comunque ebrei e musulmani continuavano a condividere molta loro quotidianità. Col protettorato francese vengono introdotti degli elementi ulteriori di separazione fra i musulmani e gli ebrei. Con la creazione dello stato di Israele e la fine del protettorato inizia l'esodo, verso Israele e molti altri paesi. A Fes c'erano ventimila ebrei: oggi qualcuno è tornato e siamo una sessantina, nessun bambino, tutti sopra i cinquant'anni.
Sul piano musicale la condivisione fra ebrei e musulmani a Fes in cosa si è tradotta ?
L'approccio del sufismo alla musica è in una certa maniera affine a quello degli ebrei: il suo background più remoto qui è nella cultura berbera, nel nomadismo, e questo senso della musica entra poi nella musica araba. Strumenti come la derbuka, voci, ritmi movimenti del corpo li ritroviamo simili fra sufi ed ebrei, perché la musica si creava assieme, ebrei e musulmani suonavano assieme: se c'è una differenza è forse che gli ebrei si indirizzavano di più verso la voce. Nella musica arabo-andalusa si avverte a volte un che di disordinato: è perché si tratta di una musica in cui cantanti e strumentisti si fanno prendere dall'emozione del momento, che sfocia nell'improvvisazione, nell'estemporaneità. E la forte componente emotiva della musica arabo-andalusa qui a Fes è particolarmente pronunciata. Socialmente questa cultura musicale era radicata nei mestieri artigiani e del commercio propri ad entrambe le comunità: ancora oggi del resto le confraternite sufi sono espressione di mestieri artigiani. E sotto questa musica c'era un pensiero, una ricerca comune sul senso dell'essere umano su questa terra, ricerca che trascendeva la diversità delle religioni, e in cui anche Maimonide era impegnato. Questa cultura musicale rimane uno degli aspetti essenziali dell'identità giudeo-marocchina e di questa cultura musicale è impastata la nostalgia che ci portiamo dentro.

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