INTERNAZIONALE

«Non appartengono al nostro popolo», l'ira della gente contro gli aguzzini

GAZA CITY - Di Vik non si avevano notizie da mercoledì sera. Il cadavere ritrovato martoriato, la benda sollevata per renderlo riconoscibile
TODESCHINI SILVIA,GAZA CITY

Vittorio ormai considerava Gaza come la sua casa. Aveva in programma di andarsene il mese scorso, e poi imbarcarsi nella Freedom Flotilla, ma non se la sentiva di abbandonare il posto a causa delle recenti aggressioni delle forze d'occupazione israeliane: in meno di un mese sono stati ammazzati più di 40 palestinesi, tra cui due donne mentre preparavano il pane e bambini che giocavano a calcio.
Mercoledì sera Vittorio era andato in palestra. Dopo la palestra alle volte andava a mangiare in una trattoria. Aveva prenotato la cena per le dieci. Non vedendolo arrivare, hanno provato a chiamarlo, il suo cellulare era spento. Non si sono preoccupati, perché spesso Vittorio spegne il cellulare, quando vuole lavorare o quando vuole stare da solo. Nessuno lo ha più sentito da quel momento in poi. Alle 8 di giovedì sera i suoi compagni dell'Ism hanno ricevuto la notizia del suo rapimento. Alle 3 di notte la notizia del ritrovamento di un corpo. Ancora non sapevano se fosse il suo o quello di qualcun altro, fino a che non sono stati portati sul posto e lo hanno visto, steso su un materasso a pancia in su. Aveva un stringa di plastica stretta attorno al collo e la faccia molto gonfia. Presentava del sangue dietro la nuca, forse per dei colpi subiti, e profondi segni ai polsi per le catene o lacci che lo tenevano legato. I piedi erano accavallati e le braccia lungo i fianchi. Aveva ancora addosso la benda visibile nel video, leggermente sollevata per renderlo riconoscibile.
«Restiamo umani», diceva Vittorio, per non perdere la tenerezza di fronte alla barbarie. Ci vuole una grande forza per restare umani, certe volte, Vittorio. Giovedì sera, quando si sapeva solo del sequestro, alcuni giovani di Gaza avevano organizzato una manifestazione per chiedere il suo rilascio, pianificandola per il venerdì alle quattro. Essa si è trasformata poi in una marcia commemorativa. I palestinesi cantavano melodie tradizionali, alternando canzoni che parlavano della loro terra con «bella ciao» perché era stato Vittorio ad insegnarla ad alcuni di loro. Diverse centinaia di persone hanno partecipato, moltissimi amici, e molti che non lo conoscevano, individui che raccontavano di non averlo mai visto, ma che era una grande perdita ed erano sconvolti, che chi ha commesso questo crimine non rappresenta il popolo palestinese in nessun modo che si vergognano per quel che è successo.
Spiegavano che i salafiti, e la loro lettura perversa del corano, sono pochi, isolati, e crudeli: loro non li considerano palestinesi. Sabato è stata allestita una tenda per dare la possibilità di portare le condoglianze, come è tradizione in Palestina. Su un lato, sono stati appesi un centinaio di messaggi in arabo e in inglese: uno recitava: «Tu eri gazawo e quelli che ti hanno ucciso non hanno mai capito quanto eri prezioso! Questa gente non è palestinese». Uno era dedicato a sua madre: «Mamma, grazie di aver portato Vittorio in questo mondo. Mamma, per favore perdonaci per non essere stati capaci di proteggere Vittorio!».
Un altro era firmato dal PSCABI, Palestinian Student Campaign for the Academic Boycott of Israel: «La Palestina ha perso un figlio, noi un fratello. Eri di ispirazione per noi, ci hai insegnato come essere uomini liberi. Vittorio è un palestinese ed un combattente per la libertà! Riposa in pace, compagno!». Le manifestazioni continueranno anche oggi, per concludersi con un convoglio di macchine che accompagnerà la salma al confine con l'Egitto quando sarà il momento. «Se io muoio non piangere per me, ma fai quello che facevo io e continuerò a vivere in te», scriveva Che Guevara.

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