Instancabile, ogni giorno Vittorio Arrigoni scriveva sul suo blog e poi rimandava sulla sua pagina Facebook e su Twitter. Cronache di quel che vedeva nella Striscia di Gaza, ritagli di giornale, videomessaggi, foto, ci postava anche le sue, come fanno tutti, quelle che ora circolano ovunque: pipa, tatuaggi, cappello da marinaio e la bandiera della Palestina sventolata come se avesse vinto il Mondiale. Si presentava così nel suo sito guerrillaradio: «è il Vittorio Arrigoni che legge Orwell e Burroughs, Saviano e Travaglio, Micheal Moore e Noam Chomsky», anche se poi a Saviano non perdonava di essere sceso in piazza sotto l'insegna «Verità per Israele».
Il suo diario quotidiano era molto seguito, richiamava commenti, cinguettii, feedback, «I like» con il pollice in su. E post dopo post si è tessuto un filo virtuale che tiene insieme compagni di lotta e amici, vicini e lontani, nemici e urlatori del web. Che oggi lo ricordano. Su Facebook, che qualcuno sta mantenendo aperto con il consenso dei familiari, sotto la sua ultima testimonianza ci sono oltre duemila messaggi, in italiano, arabo, inglese, francese e quasi 500 pollici in su. Il suo blog, fermo a mercoledì 13, ora che non c'è più lui ad aggiornarlo, è riuscito a contenere fino a 35 commenti. Da pagina personale a bacheca di commozione, addii, utopia e umanità e c'è chi lancia una campagna per assegnargli il Nobel della pace.
La parete di Facebook continua a riempirsi e si insinua il sospetto che qui e lì si infili un troll, un provocatore della rete. Ogni tanto, inevitabilmente, spunta la teoria della mano del Mossad, o «quella di hamas», anche se «il gioco che l'ha ucciso è stato quello israeliano». Un'infinità di ipotesi per una morte inumana e «non credo che lo abbiano ucciso i palestinesi... ma la verità, datemi retta, non la sapremo mai... andrà a far compagnia alle morti di Enzo Balboni, di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin, di Calipari... e potrei continuare... mi fermo per rispetto».
Nel mirino il sito americano di ultradestra stoptheism, dove ism è l'acronimo di International Solidarity Movement, la ong in cui militava Arrigoni. Sulla home-page si legge della sua morte, la notizia, presa da Reuters, è corredata da un macabro invito: «Arrivederci, Arrigoni....See this article». Il link rimanda a un articolo dell'Israel National News'in cui si sostiene che i volontari per la Palestina trasportassero sulle ambulanze armi e terroristi per Hamas. Gli amici di Vik non lo hanno dimenticato, stoptheism nel gennaio 2009 pubblicò una lista agghiacciante: Vittorio Arrigoni era indicato come il bersaglio numero uno, Jenny Linnel il bersaglio numero due, a seguire Ewa Jasiewicz e altri cooperanti, il tutto accompagnato da foto e dettagli, perfino un numero di telefono negli Stati Uniti per poter segnalare all'esercito israeliano dove puntare il fucile. La rabbia contro i detrattori di Vittorio Arrigoni apre finestre on line su mondi inconciliabili. Per questa via si arriva a www.facebook.com/vittorio.nasolungo, un muro eretto contro Arrigoni da «sionismo: informazione e controinformazione». Ieri scrivevano: «Contestavamo le sue idee ed era una battaglia accesa, ma mai avremmo voluto vedere un simile epilogo: avremmo preferito continuare a... discutere, anche in maniera animata come abbiamo sempre fatto. Siamo profondamente rattristati. Al fine di evitare ulteriori strumentalizzazioni di questa tragedia, e in segno di rispetto per Vittorio Arrigoni e la sua famiglia, la pagina chiuderà a breve. Che la terra ti sia lieve, Vittorio». Agli amici di Vik ovviamente non basta.