CAPITALE & LAVORO

I luoghi contro i flussi La resistenza di Massa

ROVELLI MARCO,MASSA

Massa è una città di confine che addensa da sempre una serie di contraddizioni forti, e spesso in negativo. Guardare quel che avviene in terra apuana credo sia utile a tutti. Negli anni novanta c'è stato un annichilimento radicale di quella che era la Zona Industriale Apuana, in perfetta sincronia con il passaggio epocale dal fordismo al postfordismo. Oggi quelle aree sono state sminuzzate, e a lavorare in molti di quei capannoni ci sono piccole imprese, lavoratori precari, immigrati - oltre che una quota di lavoro nero che in questa provincia non è irrilevante. Disoccupazione, precarietà esistenziale e lavorativa, disagio sociale, sono sempre più diffusi in questa terra, che alla crisi di medio periodo ha visto precipitarsi addosso anche la crisi di sistema che ha travolto tutti (dal 2006 al 2009 la cassa integrazione ordinaria è passata da 417mila a 922mila ore, la straordinaria da 254mila a 1 milione 249mila, i sussidi di disoccupazione sono passati da 2000 nel 2007 a 4600 nel 2009).
Paradigma negativo di questa condizione globale è stata la vicenda della Eaton: 350 lavoratori licenziati, nonostante l'alta redditività del sito, per la decisione presa della multinazionale nella sede di Cleveland, Ohio, di spostare la produzione in Polonia dove il margine degli utili sarebbe stato ancora più alto. Anni di sacrifici da parte degli operai, che avevano accettato con un accordo aziendale di estendere i turni settimanali fino a ventuno. Nonostante questo, tutti a casa. E per i più giovani, con mutui da pagare e figli da crescere, si è trattato di un vero disastro.
Per questo Massa è stata scelta come luogo della manifestazione regionale della Fiom. Diecimila persone hanno sfilato partendo dai cancelli della Eaton, riconoscendo che quella vicenda riguarda tutti. Nella marcia di queste diecimila persone ho visto una prova di resistenza contro il ricatto globale che tende a estendere il suo dominio sopra ogni aspetto della nostra vita e sopra tutte le vite, nessuno essendo immune dalle minacce del capitale, della sua potenza impersonale. Ho visto diecimila persone dire no a uno spirito del tempo che si vuole unico e irrefutabile. Ho visto una manifestazione di resistenza - per riprendere quanto diceva il mio quasi omonimo Marco Revelli - dei luoghi contro i flussi: persone - ovvero corpi e storie, esseri e tempi - che, nella loro materialità irriducibile, non ci stanno a essere vittime di quella che è l'essenza antidemocratica dell'epoca presente
Il ricatto, certo, non è cosa nuova, ma un elemento costitutivo del capitalismo industriale: ma se un tempo le condizioni oggettive di lavoro portavano soggettivamente alla rivendicazione di diritti collettivi, dunque alla creazione di un movimento operaio forte, oggi, dopo la ristrutturazione postfordista e il dominio della finanza, il ricatto è tornato a essere l'elemento centrale della società, senza attrito possibile: ogni singolo individuo è lasciato a se stesso in balia della «legge ferrea» del mercato globale, come globale è il precariato, ovvero - letteralmente: precario da prex, preghiera - la percezione del lavoro non più come un diritto ma come un privilegio.
Ecco, è nelle strade di Massa, nel passaggio di quel corteo, che questa riflessione teorica prende corpo, e voce. Per le strade dava speranza vedere gli striscioni di tante e tante Rsu (in molti dei quali le sigle di Fim e Uilm erano cancellate con del nastro adesivo), ma anche le bandiere rosse (rosse e basta, quasi tornate a essere «straccio», come aveva invocato Pasolini) del gruppo antirazzista di Campi Bisenzio, e la bandiera dell'Anpi, la cui presenza in una provincia come questa, martoriata dalla guerra e animata da una straordinaria Resistenza, è tanto più significativa.
Vedere quelle diecimila persone - persone, ripeto, e non merci, o risorse umane, le quali inevitabilmente si trasformano in esuberi - mi ha fatto credere che ce la possiamo fare, se si resiste. Me lo ha fatto credere sentire parlare dal palco operai e studenti - come Angelica, una studentessa universitaria che ha esibito, con la sua presenza, come la lotta dei diritti sia «di tutti per tutti» (per citare l'indimenticato Ivan Della Mea). Me lo ha fatto credere il racconto del delegato della Continental di Pisa, uno stabilimento di componentistica per auto dove la Fiom ha il 94% dei consensi: lì il sindacato ha resistito alle proposte di ristrutturazione, arrivando a un accordo che prevede anche il ciclo continuo ma senza la perdita di diritti e con incrementi retributivi e indennità, ottenendo l'impegno dell'azienda a fare grandi investimenti per nuovi impianti e nuovi prodotti, e a non licenziare nessuno nonostante la crisi. È stato un percorso possibile grazie alla forza di resistenza del sindacato, e soprattutto dei lavoratori, quegli stessi lavoratori che hanno manifestato ieri: un esempio di quanto abbiamo il dovere di fare, tutti quanti, su scala globale. Nelle strade di una terra impoverita, ieri, ho visto il segno di un futuro possibile.

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