POLITICA & SOCIETÀ

Il «nuovo centro» che il Pd non vede

DEMOCRACK PRIMARIE
TOALDO MATTIA,

Nel Pd e su alcuni grandi giornali non si parla d'altro: rinunciare alle primarie è la condizione necessaria per costruire un'alleanza che vada da Fini a Diliberto per constrastare la minaccia autoritaria dell'attuale centrodestra. Una visione miope e improbabile (Fini e Casini hanno già detto di no molte volte ad uno schieramento che includa Di Pietro e Vendola) e che può portare a due scenari uno peggiore dell'altro: un'alleanza che comprenda solo il Pd e il Terzo Polo e che secondo un sondaggio di Diamanti poco citato avrebbe solo il 30,8%, lasciando il 28,8% a Sel, Idv e Fds e ovviamente facendo vincere il centrodestra con meno del 40% dei voti; oppure un centrosinistra privo di idee, che arriva alle elezioni impreparato, senza aver tenuto le primarie e senza aver mobilitato i propri elettori. Insomma, quanto già successo nelle regionali laziali.
E' una visione basata su due idee antiquate: quella che gli elettori seguano sempre le scelte dei propri partiti e dei loro leader e quella che il centro sia per forza di cose allo stesso tempo «moderato» e «cattolico», sostanzialmente conservatore soprattutto sulle questioni etiche. Questa proposta si concentra su un improbabile allargamento all'interno del quadro politico, trascurando quello nella società dove invece esistono delle vere praterie per quel centrosinistra che c'è già e che governa tanti enti locali.
Sono i dati elettorali e le ricerche a mostrarci l'estensione di questo vero e proprio «nuovo centro» su cui dovrebbe lavorare l'arco che va dal Pd alla Federazione della Sinistra, liberandosi in primo luogo dall'ossessione per le alleanze larghissime e inconcludenti. Facciamo due esempi basati sull'indagine «il voto dei cattolici praticanti» realizzata dall'Swg dopo le ultime regionali. In Piemonte Mercedes Bresso era sostenuta da una coalizione ampia che includeva anche l'Udc mentre in Puglia l' «estremista» Vendola aveva dietro di sé solo il centrosinistra classico. Ebbene, la Bresso perse con ben 18 punti di scarto tra i cattolici praticanti mentre Vendola vinse, all'interno della stessa categoria, con un punto di vantaggio conquistando ben il 4% di elettori cattolici che avevano votato centrodestra alle europee dell'anno prima. Contava, evidentemente, non tanto la coalizione quanto la capacità del candidato di parlare al mondo cattolico.
Un mondo che è molto diverso da quel cliché conservatore e attento alle questioni etiche ancora molto vivo nelle analisi del centrosinistra. Forse una visione fondata ai tempi di Togliatti ma fuori luogo oggi che il 54% dei credenti laziali è favorevole alla pillola Ru486 (indagine Swg) mentre i temi che stanno più a cuore ai credenti sono la sanità, il welfare, il lavoro e gli immigrati, non l'aborto o l'eutanasia.
Il paese è diverso rispetto agli anni settanta eppure è allora che è cominciata la frattura fra elettorato e rappresentanza politica, in contemporanea con l'inizio del declino elettorale della sinistra. Nelle elezioni del 1979, non a caso le prime in cui il Pci arretrò significativamente, i non votanti furono il 9,3%, un'impennata se si pensa che dal 1948 avevano sempre oscillato tra il 6 ed il 7%. Da allora una crescita costante dell'astensione fino ad arrivare nel 2008 quasi al 20%, con 2.200.000 elettori che dal centrosinistra passarono al non voto determinando gran parte della sconfitta.
Un terzo grande gruppo da conquistare è il risultato di quanto successo nella nostra società proprio dalla fine degli anni Settanta. Le indagini del consorzio di ricerche Itanes sulle ultime elezioni politiche ci dicono che la vera categoria in movimento tra i due poli è quella che potremmo definire dei «ceti sommergenti», quelli in declino nella società proprio a partire dalla fine degli anni Settanta quando iniziò la fascinazione della sinistra per i ceti «emergenti» individuati da Craxi e ancora molto presenti nella discussione interna al Pd.
Si tratta di operai tradizionali, lavoratori esecutivi del terziario, gli atipici del lavoro precario e i loro familiari - più o meno la metà dell'elettorato italiano secondo i ricercatori Itanes. Elettori «impoveriti e preoccupati, incerti e sfiduciati, in attesa di risposte ai loro problemi»: una parte di società che, a diverse latitudini e in diverse epoche storiche, è stata la benzina nel motore di chi voleva imporre soluzioni autoritarie. Dove va questa porzione enorme di elettorato lì va la vittoria: nel 2001 votarono in prevalenza centrodestra, nel 2006 diedero un lieve vantaggio al centrosinistra mentre nel 2008 tornarono verso il centrodestra che ebbe, in questa categoria, l'11% in più della coalizione tra Pd e Idv.
Il rischio purtroppo è che, invece che lavorare per conquistare questo «nuovo centro», ci si concentri sulla costruzione di un'alleanza impossibile per poi ritrovarsi con i due pessimi scenari citati all'inizio. In entrambi i casi si rinuncerebbe alle primarie e con esse ad un'opportunità (certo non l'unica) per colmare quel divario tra rappresentanza politica e società che è stata una delle caratteristiche del trentennio conservatore italiano. Bisognerebbe invece cominciare a lavorare da subito alla conquista del nuovo centro con un nuovo candidato e una nuova proposta votati da milioni di elettori.
*italia2013.org

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it