«Se una delle fonti dei cable fosse Bradley Manning, allora sarebbe doppiamente un eroe». In chat con i lettori del Guardian Julian Assange celebrava - con una formula che abilmente mantiene il dubbio - il militare di 22 anni che avrebbe divulgato i «war logs» mandando in tilt il Pentagono e riaccendendo l'attenzione dell'opinione pubblica sui «danni collaterali» della guerra americana in Iraq e Afghanistan.
Ora gli Stati uniti, secondo quanto rivelato ieri dal New York Times, stanno tentando di incastrare Assange per reato di cospirazione e cercano prove in grado di dimostrare che il fondatore di Wikileaks ha aiutato Manning a violare la rete Siprnet (Secret Protocol Router Network, il sistema informatico riservato della difesa e del Dipartimento di Stato) incoraggiandolo inoltre a diffonderne i segreti. Se riuscissero ad articolare la teoria secondo cui Assange non è stato un destinatario passivo, semplice fruitore della violazione, ma l'istigatore dell'operazione, a quel punto potrebbero chiederne l'estradizione sul suolo americano. E per Assange non è una buona notizia: «Non ho molta paura di essere estradato in Svezia. Sono molto più preoccupato di essere estradato negli Stati uniti», ha detto subito dopo il suo rilascio.
E mentre cercano le prove Manning resta in prigione, accusato di aver diffuso informazioni confidenziali e aver ottenuto illegalmente un video segreto che mostra l'attacco di un elicottero americano nel 2007, durante il quale morirono una dozzina di civili, tra cui due giornalisti Reuters. Cercare su Youtube sotto la voce Collateral murder.
Il giornalista, blogger ed esperto di diritti umani Glenn Greenwald si è messo sulle tracce del soldato-hacker e sul webmagazine Salon ha ricostruito la vicenda della sua detenzione. Sono già cinque mesi - scrive Greenwald - che è rinchiuso in isolamento nel carcere militare dei marines a Quantico, in Virginia, in «condizioni disumane», senza nemmeno un capo di incriminazione. Altri due mesi li ha già passati in una cella in Kuwait. È un «detenuto speciale», tenuto sotto stretta sorveglianza, vive per 23 ore al giorno in isolamento, e «per ragioni che appaiono esclusivamente punitive» non gli sono stati concessi un cuscino né lenzuola, né accesso ad alcuna fonte di notizie.
Nel lungo reportage Greenwald torna a parlare della famosa chat che avrebbe incastrato Manning, sulla quale i procuratori federali americani si stanno accanendo per incriminare il fondatore di Wikileaks. In quella conversazione il giovane soldato, allora di stanza in Iraq, rivelava all'hacker Adrian Lamo: «Mi sono avvicinato al computer con un cd di Lady GaGa, ho cancellato la musica e scritto un file compresso. Nessuno ha sospettato nulla». E confidava anche di essere in contatto diretto con Assange attraverso una linea internet criptata e di avergli chiesto l'accesso al suo server privato per scaricare più agevolmente la mole enorme di file sottratti dagli archivi. Raccolta la confessione, Lamo lo ha denunciato all'Fbi. Poi si è giustificato con queste parole: «Non l'avrei fatto se non avessi pensato che qualche vita era in pericolo. Era in una zona di guerra, e in pratica stava cercando di trovare più informazioni riservate che poteva, per poi spargerle in giro».
Lo scambio online di battute tra i due è stato pubblicato dall'edizione americana del settimanale Wired, ma solo in parte. E Greenwald intravede il dolo: il magazine patinato (che si fregia della dicitura «la bibbia di internet») pur essendo in possesso di tutto il materiale, lo avrebbe reso noto in minima parte obbedendo alla richiesta del Dipartimento di giustizia Usa.