CAPITALE & LAVORO

Lavoro usa e getta. L'Ilva dice no

TARANTO
BELLUCCI ORNELLA,TARANTO

Gli ex «somministrati» dell'Ilva di Taranto non si arrendono. Per giorni sono stati in sit-in sulla bretella stradale che, sulla statale Appia, unisce due lembi della proprietà Riva: quello antistante gli uffici direttivi del siderurgico e la dirimpettaia area parcheggio. Poi hanno sospeso la protesta, grazie a un primo impegno ottenuto dalle autorità locali - tra cui il governatore Nichi Vendola - per l'anticipo del tavolo che li riguarda (dal 9 all'1 dicembre) e la possibilità che l'acciaieria dei Riva li stabilizzi. Rivogliono il lavoro che si sono visti portar via con un sms dall'agenzia interinale Gi Group, che li aveva assunti su richiesta dell'Ilva: «La informiamo che il nostro rapporto lavorativo cessa qui».
Erano parte del bacino dei 670 somministrati utilizzati dall'Ilva già prima della crisi dell'acciaio mondiale, e oggi scesi a 30, tutti «in scadenza». Impiegati perlopiù su attività di pulizia industriale, e spesso contrattualizzati per altre mansioni, per 1000 euro al mese. Entrati quando la cassa integrazione colpiva più duro di oggi (4500 dipendenti contro i 1500 attuali), sono stati sostituiti via via da altri, anche interinali.
Questa lotta è forse la più incisiva dopo l'occupazione del ponte girevole e il blocco delle portinerie da cui transitano le merci. La protesta si allarga anche a ex somministrati Ilva che non fanno parte del comitato, ma che pure si sentono beffati dall'accordo firmato il 22 maggio 2008 da Ilva, Fim e Uilm, che ne subordina la stabilizzazione a 5 contratti o 37 mesi di lavoro continuativo. E intanto appalta fuori attività annesse al ciclo produttivo. All'incontro dell'1 dicembre, pare che l'Ilva sia disponibile ad abbassare la soglia dei 37 mesi fino a 24, e creare un bacino preferenziale per tutti quelli che non vi rientreranno.
Luca, come gli altri, al sit in aveva cominciato uno sciopero della fame. Ha 37 anni, cinque contrattini alle spalle per 26 mesi di lavoro continuo. È stato licenziato a fine aprile. «L'ultimo giorno di lavoro, a mezzanotte, con un sms l'agenzia mi informava che il contratto non veniva rinnovato». Quelli precedenti erano stati prorogati così, l'ultimo giorno. «Perché dovevamo essere efficienti fino alla fine». Tra il 2009 e il 2010 molti di quei contratti sono stati rinnovati. «Perché nell'area a caldo, in cui venivamo impiegati, gli impianti erano accesi e il nostro lavoro era necessario».
Dopo il licenziamento, Luca è stato preso da ditte appaltatrici, «quindi non è stata questione di crisi». Luca era assunto come addetto alle pulizie civili, «però pulivo i nastri trasportatori». Ma perché tra tante agenzie interinali presenti sul territorio si rivolge alla Gi Group? «Allora l'Ilva assumeva solo tramite quell'agenzia». L'azienda cercava personale «già transitato in stabilimento e con esperienza in quel lavoro, che è pesante e richiede una buona conoscenza degli impianti». Si assicurava che «fossimo disposti a ruotare su turni». La scelta cadeva su candidati dai 30 ai 45 anni. «Io ne avevo 34, ma c'erano padri di famiglia che accettavano anche contratti di un mese. Io prima lavoravo in nero, per cui quel lavoro per me era un passo avanti». Ma «sistematicamente, arrivati a 5 contratti o a pochi mesi dall'assunzione, venivamo licenziati ed entrava nuovo personale». Luca si è iscritto al Nidil Cgil mesi prima del licenziamento.
Nico Leggeri è il portavoce del comitato. Arriva trafelato sul ponte della protesta, dopo aver volantinato davanti alle portinerie. «Vogliamo sensibilizzare alla lotta anche i lavoratori sociali, assunti a tempo indeterminato». I loro contratti, invece, andavano dai 5 ai 43 mesi. «Molti di noi si sono visti rinnovare il contratto dalla Gi Group anche 5 volte, ma senza raggiungere i requisiti per la stabilizzazione». È il suo caso. Assunto nel febbraio 2008 come addetto alle pulizie, «mi occupavo di caricamento dei forni cokerie». Il contratto gli veniva rinnovato ogni 6 mesi, per un totale di 5 consecutivi. Ma, per cavilli, non aveva i requisiti previsti dall'accordo del maggio 2008. «Nessuno di noi li aveva, siamo stati licenziati al limite di quell'accordo. Al nostro posto sono entrati edili della Femat. Non vogliono stare là, non gli compete». Il 17 ottobre due sono stati investiti da croste di carbon coke spento mentre ripulivano un silos in cokeria. «L'abbiamo denunciato», dice l'iscritto Nidil. E Francesco Bardinella, della Fiom, precisa: «Quei lavoratori non sono formati a quelle attività. E come loro, tanti altri. Molti somministrati hanno subìto infortuni, ma non li hanno denunciati».
Francesco Brigati è un frigorista. Lavora da 10 anni in officina generale. È tra i delegati Fiom che hanno abbracciato anche fisicamente la protesta degli ex somministrati. «Il presidio», dice, «andrà avanti ancora. Ci saranno forze politiche e sindacali al fianco dei lavoratori, contro la cancellazione dei diritti e l'attacco allo Statuto». Ma perché concentrano la protesta davanti all'Ilva? «Perché hanno prestato la loro manodopera all'azienda, e si sentono dipendenti come gli altri. Per loro - conclude - è un atto politico. L'Ilva, dopo le prime lotte, non ha rinnovato i contratti».

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