Gli americani la chiamano The Big Picture, si potrebbe tradurre «lo scenario», è il campo vasto nel quale si intrecciano le storie e le micro vicende di ognuno di noi. Il Congresso di Firenze di Sinistra Ecologia e Libertà ci ha ricordato che la Politica si muove dentro una Big Picture, che lega la storia alla vita delle persone. L'unione di forze politiche pre-esistenti al nuovo partito e la fusione con gruppi e individui che non provengono da nessuna di esse - ricordiamoci che abbiamo a che fare con un partito nuovo, anche se per fortuna non «nuovista» - ci ha aiutato a ricordare questo: ci muoviamo in un contesto più grande per il quale serve una politica all'altezza.
In quel Congresso non poteva non mancare la trattativa, anche brutale, tra chi ha un'identità e una presenza politica precedente alla storia di Sel, trattativa che spesso mortifica personalità «indipendenti» ed esperienze nuove. Da Vendola però è partita una proposta politica: ragionata, vissuta attraverso anni di sconfitte e rinascite, governo della cosa pubblica, riflessioni sulla società - compreso il rapporto tra i sessi - e la politica italiana e mondiale. Ed è questa riflessione che va presa sul serio, perché i tempi che viviamo impongono profondità d'analisi.
Per la prima volta dalla fine del sistema dei partiti italiano nel 1992 nasce una forza che si trova genuinamente a riflettere sul superamento del '900 politico, tenendo a mente il grande scenario degli anni 2000, nati sotto la stella di guerre di tipo nuovo e conclusi con la più grande crisi economica degli ultimi 80 anni. Ricordiamoci che più di un'intera generazione ha vissuto la propria maturità solo ed esclusivamente nell'epoca del trentennio neoliberista, e nell'ultimo decennio ha conosciuto la sua faccia peggiore. Anche questo chiama alla responsabilità dell'azione.
All'azione e all'evoluzione culturale, ci chiama il vuoto creato dagli altri. Nello schema delle due sinistre avevamo da un lato un riformismo senza riforme, che aveva fatto proprio il richiamo della «fine della storia», un blairismo della terza via. Dall'altra una sinistra radicale che ha fatto fatica, quando ha governato, a trovare una grammatica non ideologica. E se almeno fosse stata radicata nella società tanto quanto radicale nelle proclamazioni, avrebbe avuto altre percentuali di consenso.
Il vuoto del 2008 ha riportato al centro del gioco la necessità di una nuova sinistra. Da un lato la sconfitta politica di gruppi dirigenti consumati, dall'altra la crisi del sistema economico, che ci chiede di ridare forza alla politica a partire da paradigmi nuovi, costruiti anche grazie al pragmatismo appreso nella - buona - amministrazione del governo locale. Ben sapendo che la buona amministrazione non è un fine in sé: il fine è il cambiamento. I veri riformisti sono quelli che non si sottraggono alla sfida delle riforme, indirizzandole a un progetto di equità e di giustizia sociale.
Noi, oggi, dovremmo essere in grado di proporre riforme che cambino la vita, come fu per l'istituzione della scuola media unica, l'introduzione del sistema sanitario nazionale, il nuovo diritto di famiglia. Se non saremo adeguati alla sfida, vedremo accadere anche qui - anche se fosse sparito Berlusconi - quello che sta succedendo nell'Europa dell'est e del nord: la crisi genererà i nuovi mostri del nazionalismo, del populismo e della caccia alla streghe. Dopo l'anno zero della sinistra, va dato atto a Nichi Vendola di averlo capito prima degli altri e di aver avanzato una proposta politica oltre il vecchio recinto delle sinistre sconfitte e disperse.
*Assessore alle Politiche culturali della provincia di Roma , Sel