POLITICA & SOCIETÀ

«Io maestra precaria oggi senza lavoro»

SCUOLA
PACIFICI GIULIA,ITALIA/NAPOLI

Si continua a dire che i soldi non ci sono, eppure gli istituti privati cattolici hanno appena rinnovato i contratti di lavoro, anche con un piccolo aumento di stipendio. La scuola pubblica invece scende oggi in piazza a Napoli per un corteo nazionale lanciato dal Coordinamento dei precari della scuola in difesa del diritto all’istruzione e contro i tagli della riforma Gelmini che causano la perdita di migliaia di posti di lavoro.
Antonella Vaccaro, del Coordinamento precari della scuola di Napoli, spiega che la mobilitazione è molto cresciuta in questi ultimi mesi e per questo al corteo hanno aderito in molti: lavoratori, genitori, studenti, i partiti della sinistra e i sindacati Cgil e Unicobas.
Come vi state muovendo ora, dopo il periodo di forte mobilitazione di agosto e settembre che ha visto precari in sciopero della fame e occupazioni dei rettorati?
Cerchiamo di fare più informazione possibile. Teniamo assemblee nelle università e e nei comitati di quartiere per spiegare la riforma. Cerchiamo di stabilire rapporti diretti, stare tra la gente, ed è un metodo che funziona perché abbiamo un riscontro molto positivo. Inoltre si creano dei legami solidi che permettono un’azione continuativa di protesta. C’è però ancora molto da fare, anche all’interno della scuola stessa. I professori di ruolo hanno paura di denunciare una situazione che hanno sotto gli occhi da anni oppure non hanno capito che saranno presto precari anche loro perché continuano a sparire cattedre e classi. Ma ci sono anche molti insegnanti di ruolo che hanno solidarizzato con noi e sono presenti al corteo con un loro spezzone. Anche fra i genitori c’è maggiore sensibilità, sono più attenti e interessati e scendono in piazza con noi.
Com’è andata la partecipazione al corteo della Fiom?
Dopo il 16 la mobilitazione ha preso una piega diversa, abbiamo capito l’importanza di unire le lotte contro l’iniziativa di un governo che ci attacca su più fronti, che distrugge il diritto all’istruzione pubblica e al lavoro. Per questo la Fiom è con noi al corteo. Ci sono gli operai di Pomigliano, i precari del museo Madre di Napoli, i lavoratori dell’Eutelia, i precari di varie realtà nonchè tutto il mondo universitario, studenti e ricercatori.
In questo momento Napoli, Terzigno in particolare, è al centro di una grande attenzione mediatica. C’è una matrice comune fra le vostre lotte e le lotte territoriali?
Ci muoviamo su un binario comune perché sono lotte in difesa dei diritti fondamentali. Con noi ci sono i comitati per l’acqua pubblica e quelli di Chiaiano. In Campania può nascere un movimento forte. Non è un caso che la manifestazione nazionale si tenga a Napoli, perché Napoli è l’emblema dei tagli, è la capitale dei primati negativi. Il primato della monnezza, il primato della disoccupazione e della criminalità. I napoletani vogliono riscattarsi e raccolgono il sostegno di tutto il paese.
Qual è stata la tua esperienza nel mondo della scuola?
Sono un’insegnante della scuola primaria con alle spalle 14 anni di precariato e questo è il primo anno in cui mi ritrovo senza lavoro. Ho ricevuto solo una chiamata per una supplenza di un giorno, ma avevo la bronchite e quindi mi è saltato anche quella sostituizione. In questi anni ho visto una scuola sempre più impoverita e disorganizzata dove mancano gli strumenti per garantire un’educazione di qualità. Anche l’applicazione delle riforme è impossibile. Per esempio il famigerato maestro unico in realtà non esiste. Noi lo chiamiamo «lo spezzatino». Dato che un’insegnante non può coprire, per legge, più di 24 ore,durante le ore rimanenti le classi vengono coperte da altri insegnanti. Ma questi maestri non hanno un ruolo preciso, non c’è nessun progetto didattico, spesso non conoscono neanche gli alunni. Sono tappabuchi, fanno un’ora in una classe, un’ora in un’altra. Maestri «spezzatino» appunto. Anche le uscite didattiche diventano impossibili perché la legge prevede un insegnante ogni quindici alunni. Quindi le classi più numerose, ovvero quasi tutte, non possono andare in gita.
Cosa ti aspetti per il futuro?
Non voglio credere che la scuola sarà ancora peggio di quella che abbiamo oggi, non posso accettare una prospettiva così negativa sia per noi che nella scuola ci lavoriamo sia per i bambini e i ragazzi che subiscono lo smantellamento dell’istruzione pubblica. Voglio continuare a denunciare questo stato di cose altrimenti sarebbe troppo triste, una scuola triste e un futuro triste.

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