CULTURA & VISIONI

Salvatore Mereu, la bella scommessa di «Tajabone»

INCONTRI
ZANZA DAVIDE,

Dopo il successo all'ultimo festival di Venezia - Controcampo italiano - la vittoria del premio UK-Italy Creative Industriers Award per il film più innovativo e di maggiore qualità in rapporto al budget, Tajabone di Salvatore Mereu (Ballo a tre passi, Sonetàula) è approdato a Bologna, al festival Human Rights.
Il film nasce dalla proposta dello stesso Mereu a due scuole del cagliaritano in quartieri «difficili», la Don Milani di Sant'Elia e la Alagon di San Michele, di organizzare un corso di cinema per i ragazzi. «Ho cercato subito di fargli capire che il progetto era un modo per raccontarsi. Ho dovuto catturare la loro attenzione attraverso mezzi meno scolastici. Un giorno abbiamo visto il film di Laurent Cantet, La classe, e hanno capito che col cinema potevano parlare del loro universo».
Vengono così proposte dai ragazzi le storie di Kadim, ragazzo senegalese che vive con la madre costretto a trovare lavoro, allontanandosi dagli studi, per paura di uno sfratto; Noemi, adolescente che tenta di conquistare l'amore del belloccio del quartiere costruendosi una falsa identità su Facebook; Munira e Brendon due rom che tentano la fuga per un amore osteggiato dalle due famiglie. E ancora Andrea, Jonathan. «Avevamo un problema budget. Ho proposto alle scuole di fare una sorta di coproduzione. Non esisteva una sceneggiatura vera e propria. Il corso aveva anche un altro scopo. Che qualcuno tra i ragazzi lavorasse alla regia. Il poco tempo a disposizione non ci dava la possibilità di capire se potesse esserci uno più dotato di altri. Così trovate le storie, ho deciso raccontarle io».
Tajabone, che fa riferimento ad una canzone che si canta durante la festa musulmana alla fine del Ramadan, ha il grande merito di raccontare in maniera universale il mondo degli adolescenti attraverso il loro vissuto. Mostrando una Cagliari inedita, multietnica, dove i problemi di ognuno dei ragazzi sembra appartenere, pur nelle rispettive differenze, a tutti.
Mereu ha avuto la sensibilità di registrare qualcosa che l'occhio degli adulti ha ormai smarrito, vale a dire un piano d'ascolto quasi documentario in grado di dimostrarci che quell'universo pulsa e ha bisogno della nostra attenzione. «I ragazzi arrivano da situazioni complesse. Quando a Venezia hanno visto il pubblico che li ha accolti calorosamente, si sono sorpresi che qualcuno potesse interessarsi alle loro storie. A tal proposito è difficile capire dove finisce la realtà e inizi la finzione. Il senso dell'esperienza era provare a immettere dentro un racconto elementi biografici. Ad esempio la storia rom è un episodio che riguardava lo zio e la zia acquisita di uno dei ragazzi che ha scritto la storia, Andrea. Ripercorreva uno dei 'topos' dei campi rom sulla fuga d'amore ostacolata dai grandi. Una parte dei ragazzi sarà in giuria al Festival di Roma nella Sezione Alice nella città. In questi giorni presenteremo Asse mediano, un documentario diretto da Michele Mossa che ripercorre le tappe principali di questa avventura. Tajabone mi è servito come momento preparatorio per il mio nuovo progetto che girerò la prossima estate. Sarà ambientato a Cagliari, negli stessi ambienti di Tajabone, probabilmente con alcuni di questi ragazzi. Si chiama Bellas Mariposas ed è tratto da un racconto di Sergio Atzeni».

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