Il più grande collocamento in borsa della storia per la Agricoltural Bank of China. Chissà se Mao nutriva così grandi apettative quando fondò la banca per aiutare lo sviluppo tecnologico dell'agricoltura cinese. Dopo un mese dal debutto sul mercato finanziario, la Ag Bank ha raggiunto un valore di 22,1 miliardi di dollari. Un record assoluto soffiato alla «sorella» Industrial and commercial Bank of China, che nel 2006 aveva raccolto 21,9 miliardi di dollari. La AgBank è l'ultima delle quattro banche di stato cinesi a entrare nel mercato finanziario. A luglio aveva presentato una Ipo - Initial Public Offering, un'offerta dei titoli di una società che intende quotarsi per la prima volta sul mercato - molto elevata, che lasciava presagire le grandi aspettative che il governo di Pechino aveva per questo ente creditizio. Il successo non era scontato: gli investitori avrebbero potuto temere la vocazione politica della banca agganciata alla fascia di reddito più povera della Cina e con il compito di aiutare le aziende agricole in crisi e i contadini. Pericolo scampato, stando agli indici di borsa che si sono chiusi ieri con un rialzo dello 0,7% a 2,71 yuan a Shanghai, dopo che la società ha esercitato in pieno la green shoe, ovvero la stabilizzazione dei titoli. Quando un'azienda si presenta sul mercato per la prima volta, la banca che deve stabilizzare le azioni ne vende un certo numero «allo scoperto». Se il prezzo delle azioni scende, la banca ne può acquistare una parte, in modo da stimolare la domanda e rallentarne la discesa. Quando invece il prezzo delle azioni aumenta la banca ne immette altre nel mercato (greenshoe option).
La AgBank avrà pure vocazione agricola, ma le proteste e i picchetti davanti la sede centrale sono organizzati dai colletti bianchi che si mobilitano contro la riduzione dell'organico. I lavoratori si concentrano davanti all'ingresso dell'istituto, indossano T-shirts con scritto «Proteggi i diritti dei lavoratori licenziati dalla banca» e regalano bandierine cinesi. Le «forze dell'ordine» si sono preoccupate subito di sgomberarli e, alle 8 di mattina, quando inizia il turno d'ufficio, l'unico segno visibile della protesta era il nastro della polizia che circonda la zona. Sono circa 70.000 le persone che hanno perso il lavoro e cercano un nuovo impiego o aspettano di ricevere una qualche forma di compenso; una grande fetta dei 400.000 cassintegrati prodotti da decenni di ridimensionamento del personale. Sono il rovescio della medaglia del successo capitalista. E loro rispondono con l'organizzazione. «Ciò di cui il governo ha più paura è la gente capace di organizzarsi - afferma Renee Xia, direttore internazionale di Chinese Human Rights Defenders - e i lavoratori delle banche hanno scoperto il loro potere».