CULTURA & VISIONI

Lelio Luttazzi, eleganza swing in bianco e nero

LUTTI
RANALDI MARCO,

Musicista, compositore, presentatore e crooner dall'inconfondibile voce. Lelio Luttazzi - scomparso nella notte di giovedì a Trieste a 87 anni dove era tornato negli ultimi anni - è stato tutto questo e molto altro. Di certo è stato fra gli iniziatori del jazz italiano assieme a Gorni Kramer e Franco Cerri. Giovanissimo compose la canzone che lo lanciò nel firmamento degli autori: Il giovanotto matto, rutilante swing che Ernesto Bonino portò al successo in breve tempo. Da lì il passo verso la Milano che crea musica è breve e infatti assieme agli amici Teddy Reno e Gianni Ferrio dà spazio all'industria della canzone italiana, soprattutto a quella tinta di jazz. È a Milano - dove nel 1948 diventa direttore musicale della Cgd, e conosce Jula De Palma che diventerà la sua vera voce jazz: con lei inciderà molti dischi e sperimenterà i suoi arrangiamenti per archi. Ma è con Gorni Kramer il lato jazz di Luttazzi esce prepotente; quello che ama suonare Gershwin e Porter con la stessa delicatezza con cui il maestro di Rivarolo suona il suo jazz sulla fisarmonica.
Forte del suo pianismo delicato ma corposo, a Luttazzi non manca la volontà di suonare in trio con il suo amico di sempre Roberto Podio, sodalizio che riprenderà poi fino a 86 anni. Non solo musica nella vita di Luttazzi, ma anche radio e tv ed è proprio nel bianco e nero degli anni 60 che entra con un'eleganza alla Cole Porter nelle case degli italiani. Lui è maestro di cerimonie più che presentatore e lo fa con una naturalezza impressionante. Studio uno segna il passo della moderna televisione, della televisione degli show in stile americano dove la musica è sempre la protagonista principale. È questo il periodo del sodalizio artistico con Mina (La zebra a pois e altri brani che la tigre inciderà con cadenza regolare anche nei suoi album più recenti), dei film da interprete e da compositore. Diventa una vera icona dell'Italia che vuole sognare ed è lui l'interprete perfetto. Non contento del successo televisivo, s'assicura ancora lo spazio della radio, anzi la rilancia inventando un programma che aprirà la strada ad Arbore e Boncompagni. Con Hit Parade Lelio Luttazzi entra nel mondo dei giovani, sempre con eleganza e misura. All'improvviso, però (1970) la vita di Luttazzi deraglia; viene infatti arrestato con Walter Chiari e Franco Califano con l'accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti. L'arresto era avvenuto in seguito alla intercettazione di una telefonata tra i due. Dopo ventisette giorni passati in carcere, venne liberato e completamente scagionato.
Luttazzi è amareggiato, e anche si scriverà con la sua forte ironia un memoriale che intitola Operazione Montecristo, decide di mandare a quel paese il fatato mondo della Rai che non fa niente per tenerlo con se. Per molto tempo vive isolato fuori Roma; lo assiste la moglie Rossana che rimane al suo fianco in questo periodo e non solo. Provammo ad intervistarlo qualche anno fa ma la voglia di parlare non era quella che abbiamo ritrovato nel 2007 dopo il suo trionfale ritorno sulle scene grazie alla grande volontà di riprovare da «giovanotti matti» con Roberto Podio, sostenuto dalla forte affettività di Fiorello che lo elegge spirito guida di Viva Radio 2. Gli si dedicano omaggi, riescono le sue introvabili incisioni e l'etichetta Via Asiago pubblica una antologia del passato radiofonico. Il 15 agosto del 2009 registra dal vivo il suo ultimo concerto che, e non è un caso, lo vede protagonista nella piazza della sua storica e amata Trieste, mentre Pupi Avati lo raggiunge a Trieste dove realizza un documentario intervista: Il giovanotto matto. Quasi un testamento spirituale.

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