CONTROPIANO

L'atomo a Kaliningrad

TerraTerra
FRANCHI GIULIA,

Si chiama Neman il nuovo teatro delle ambizioni di sviluppo dell'energia nucleare russa.
E' un paesino di duemila persone nell'enclave russo di Kaliningrad tra Polonia, Lituania e Mar Baltico. Nel 2008, dopo il fallimento dell'ultima industria cartiera della regione, la disoccupazione è andata alle stelle e l'unico modo per sopravvivere era emigrare. Poi è arrivata Rosatom, il gigante statale russo per l'energia nucleare, con la sua sussidiaria Inter Rao Ues, responsabile delle politiche di esportazione dell'energia e delle relazioni con investitori stranieri. Parlavano di una nuova centrale nucleare a 2 chilometri da Neman, per coprire il presunto crescente fabbisogno energetico della regione e creare opportunità di crescita economica tramite l'esportazione di energia verso l'Europa. Rosatom prometteva agli abitanti di Neman lavoro, profitti, sviluppo. E li ha convinti. Qualche chilometro più in là però c'è Sovetsk, ridente cittadina di circa 50.000 abitanti, che non naviga nel benessere ma sopravvive dignitosamente col piccolo commercio e un po' di agricoltura. Gli abitanti non hanno bisogno della centrale nucleare che il governo federale vuole costruire a una decina di chilometri di distanza, e infatti si sono opposti come possibile: hanno manifestato, firmato petizioni, partecipato attivamente alle audizioni pubbliche sul progetto, obbligatorie per legge in Russia. L'organizzazione ambientalista russa Ecodefense ha pure realizzato un sondaggio tra gli abitanti della zona: il 67% della popolazione interpellata è contraria alla centrale.
Invano, perché nei primi mesi del 2010 le ruspe hanno cominciano a scavare. Allora la protesta è ripartita. Le organizzazioni locali della società civile contrarie al nuovo impianto hanno dato vita alle «domeniche antinucleari». Il 27 giugno, per la terza volta in tre mesi, alcune decine di attivisti si sono dati appuntamento in Piazza Madre Russia, al centro di Kaliningrad, per informare la popolazione locale dei rischi e per fare pressione sul governo regionale così da indurlo ad abbandonare il progetto giudicato inutile, dannoso e finanziariamente rischioso.
Inter Rao, infatti, è ancora alla ricerca di finanziamenti dall'estero per completare il piano finanziario dell'opera, al momento coperto dal budget nazionale solo per il 50%. Nonostante le dichiarazioni sbandierate alla stampa locale, nessun accordo è stato formalmente siglato né per investimenti esteri sull'impianto, né per la vendita dell'energia prodotta che, secondo i programmi di Inter Rao, dovrebbe andare a Germania, Svezia, Lituania e Polonia. Ma fino al 26 aprile scorso nessuno aveva ancora risposto all'appello. Ovvero fin a quando, proprio in occasione del ventiquattresimo anniversario della tragedia di Cernobyl, nella villa di Lesmo che Berlusconi vuole trasformare nell'Università del pensiero liberale, alla presenza dei premier di Italia e Russia, l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti e Boris Kovalchuk di Inter Rao Ues hanno firmato un accordo per la cooperazione in diversi settori, tra cui lo sviluppo congiunto del progetto di Kaliningrad. Enel potrebbe così diventare la prima compagnia straniera coinvolta nella costruzione di una centrale nucleare in Russia. Accanto all'amico Putin che si è detto pronto a collaborare affinché anche l'Italia ritorni all'atomo, Berlusconi ha dichiarato che il nucleare è una fonte di energia «a cui nessun paese può ormai rinunciare». Resta solo da vedere cosa ne pensano gli italiani.

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