MEDIA&SPORT

Il «bavaglio» al corpo delle giornaliste

TRA RAI E AL JAZEERA
AMBROGI SABINA,

Più si mostra, diceva il sociologo Pierre Bourdieu nel suo intervento Sur la télévision al Collège de France del 1996, più si nasconde. Più il tempo televisivo è riempito di futilità più questa assume importanza perché occulta argomenti preziosi che tengono lontani i cittadini dai loro diritti. Così se la pornografia televisiva italiana tanto amata dal premier (anche perché fornisce immensi introiti pubblicitari nelle casse di famiglia) è già un ottimo supporto per azzerare le coscienze del suo elettorato, con la legge bavaglio avremo un'informazione ancora più basata sul corpo e sui codici di abbigliamento.
Ogni «ayatollah» del mondo ha le sue. Cinque anchorwomen di Al Jazeera (della sede di Doha, Qatar), è notizia di alcuni giorni fa, hanno dato irrevocabili dimissioni dal loro posto di lavoro: «Ci hanno chiesto di vestirci in modo più decente, e questo ferisce la nostra dignità». In realtà le giornaliste, almeno giudicando con i nostri occhi occidentali, non hanno nulla di poco decente, anzi comunicano un messaggio di apertura, misura e professionalità al quale, evidentemente, Al Jazeera ha deciso di rinunciare.
Se già Maria Luisa Busi è uscita dal video nazionale commettendo il reato di non voler raccontare la solita insalata di fesserie, le giornaliste che informano, non omologate e quindi più inquietanti, sono spesso state attaccate sul lato fisico. Tutte le ingiunzioni diventano potenti se si riferiscono al corpo e non passano attraverso il linguaggio e la coscienza. Così le conduttrici del tg3 (o il «tg che fa danni») sono «dark» e «gotiche», osservò Dell'Utri. La brava Mariella Venditti venne prima chiamata «signora del Soviet» da Berlusconi e poi attaccata in pubblico, in Slovenia: «Ho appena parlato di design italiano e di moda e lei si presenta così? Mi scusi, ma quando viene all'estero, si vesta un po' meglio!».
Così declinando, per il premier le donne di sinistra diventarono «poco capaci a letto», «malvestite» e «maleodoranti» che, per un politico diretto discendente dell'«Uomo in Ammollo» era il massimo della fantasia pervertita. Oppure, come confermano le cronache e le foto da palazzo Grazioli, le prostitute erano richieste in abito nero e trucco leggero (senonché andò pure Patrizia D'Addario così abbigliata, ma con il registratore).
Il dignitoso gesto delle cinque giornaliste dal Qatar potrebbe servire da esempio qui da noi....Siamo anni luce da Monica Setta che che parla di disoccupazione e povertà sfoggiando succinti abitini strizzati e croci pacchiane, insieme a Lory Del Santo che esalta la collaborazione fisica della donna «in caso di regalo da parte di un uomo».
Per questo, la crescente censura dell'informazione non potrà non coinvolgere ancora una volta e meglio il controllo dei corpi, soprattutto quello delle donne. L'ingiunzione (diretta o indiretta) del troppo coperto dei paesi arabi, per non sollecitare il desiderio maschile secondo quanto previsto dalla tradizione, o del troppo scoperto delle nostre post democrazie per sollecitare il desiderio maschile, secondo quanto previsto dalla tradizione e dal marketing, di fatto coincidono e riguardano in diversa misura i diritti dei cittadini.
Da noi, coincidono anche con la contrapposizione ottocentesca: da una parte madonna, dall'altra prostituta.

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