LIBRI: WALKER PERCY, L'UOMO CHE ANDAVA AL CINEMA, MARCOS Y MARCOS, PP. 352
Anche se il titolo di questo classico del '900, dimenticato dall'editoria italiana e ripubblicato ora da Marcos y Marcos, farebbe pensare alle memorie di un cinefilo alle prese con la sua dolcissima ossessione, il romanzo di Percy parla d'altro, o meglio, ingloba il cinema e i rituali a esso connessi, nella routine di una vita marginale, opaca e cinicamente uguale a se stessa, nel profondo sud degli Usa, nel ventre caldo e appiccicoso di New Orleans.
Siamo nell'America dei primi Sessanta, quando il sogno americano, cinematografico e culturale, ha rotto i finti argini che lo proteggono dal resto del mondo, per mostrare la sua faccia peggiore e l'inizio del suo decadimento. In questa terra desolata di solitudini e di motel costruiti nel deserto vicino a qualche pompa di benzina, in cui fanno sosta di tanto in tanto automobili color confetto, vive Binx Bolling, agente di cambio, innamorato della cugina Kate e del cinema di periferia, solitario filosofo dilettante, amaro e malinconico come il suo autore, la cui vita fu segnata da una serie di sfortune tali da forgiare il suo carattere e le sue inclinazioni letterarie, nonostante una formazione di stampo scientifico (Percy era laureato in medicina). Il romanzo, considerato il suo migliore, risente delle influenze trasmesse dalla cultura europea di cui lo scrittore - durante la tubercolosi che lo colpì nella giovinezza - si nutrì a piene mani (Kierkegaard, Sartre, Camus, Tolstoj, Dostoevskij), convertendo i topoi del Vecchio Continente, nel vuoto simbolico dell'America dei consumi: famiglie perfette, barbecue della domenica, il Mardi Gras nella città del Mississipi, segretarie tutte curve e un lavoro routinario, quanto scontato.
Vincitore del National Book Award nel 1962, L'uomo che andava al cinema (The Moviegoer) narra la storia poco appassionata e appassionante di un trentenne che fa i conti con una quotidianità semplice, priva di avvenimenti e piena di immagini (mentali e cinematografiche) che tengono conto delle persone, conosciute o appena sfiorate, con un senso del disgusto e del distacco ironico e superficiale, di chi si lascia trasportare dal mondo: di chi ha un senso dell'orizzonte mai capace di andare oltre la linea infinita tracciata nel cielo, quella che taglia lo sguardo e che divide la terra rossa del deserto dal cielo sgombro di nuvole.
Traducendo questo romanzo in Austria, appena dopo la sua uscita, Peter Handke, scrittore dal gusto eccentrico e dalla vita segnata dramma dell'abbandono materno, lo ha annoverato immediatamente tra le opere che non passano inosservate proprio perché inoculate da quel virus che ammala il mondo e affligge gli uomini. E se ogni tanto la vita piana di Bolling viene squarciata dal dubbio o dal dolore di un immaginario senza orizzonti, la redenzione appare sotto forma di una donna, la cugina Kate, amata fino in fondo, benché afflitta da una depressione inesorabile quanto crudele.
Ma il cinema, il medium meraviglioso a cui il titolo rende omaggio esplicitamente c'è, e sembra nato apposta per ricordarci che nel buio, per magia rituale, sia che si tratti dell'uomo medio, dell'uomo solo, dell'uomo malato e dell'uomo sconfitto, arriva il momento della pace e della rivincita.Come è scritto sul cinema del quartiere di Binx, a Gentilly: Dove la felicità costa così poco; e la vita vampirizza altra vita.