LETTERE E COMMENTI

Permesso di soggiorno a punti, si allunga la via crucis per i migranti

RIVERA ANNAMARIA,

Si vantano, Maroni e i suoi, d'aver fatto come in Canada. Un po' ignorando (ché ignoranti sono), un po' fingendo d'ignorare che, quanto ad accoglienza degli stranieri, welfare state, rispetto dei diritti delle minoranze, estensione della cittadinanza, è come paragonare il giorno e la notte. La notte italiana è nera come la pece, il suo cielo è costellato d'ogni artificio per rendere impossibile la vita ai migranti, fino alla vessazione e alla riduzione in schiavitù. Manca un progetto di soluzione finale, ma la progressiva sottrazione di diritti umani, i processi di de-umanizzazione degli «estranei», il loro uso costante come capri espiatori un po' ricordano le notti lontane che covarono lo sterminio.
Quel che sconcerta è la coltre di silenzio o le vocine di educata protesta che accompagnano il varo del permesso di soggiorno a punti, una tappa dell'escalation della xenofobia all'italiana. Come se non vi fosse un nesso fra la legge che imbavaglia l'informazione, giustamente deprecata a gran voce, e l'«accordo per l'integrazione», cioè l'ultima trovata per moltiplicare le stazioni dolorose della via crucis dei migranti.
Del resto, uno degli aspetti dell'anomalia italiana è una certa sintonia fra destra e sinistra - di «pancia», prima che politica - quando si tratta del destino dei migranti. È una sintonia, talvolta inconsapevole, che si riscontra nei vertici dei partiti e di certi quotidiani «democratici» come in una parte del «popolo di sinistra», che esso si vesta di rosso, di rosato o di viola. A tutto vantaggio della vorace iena leghista che si pasce dei cadaveri abbandonati nelle strade ove un tempo c'erano solidarietà di classe e di umanità, conflitti per il lavoro e per la dignità. La iena è ormai tanto satolla da dominare l'agenda di un governo allo sbaraglio. Così che essa ha perduto, se mai ne abbia avuti, ogni freno inibitorio. Se non bastano i discorsi e le imprese quotidiane del razzismo federale e nazionale, si dia un'occhiata al sito ufficiale del Movimento giovani padani: vi si troverà la retorica nazista delle «millenarie comunità etnonazionali di Sangue e Suolo» e i deliri di certi ideologi di mezza tacca che imitano il Fuerher anche nei baffetti e straparlano di etnonazionalismo razzialista. Non è folclore, è il ventre che partorisce le leggi discriminatorie contro gli stranieri. Né è folclore l'apparente contraddizione fra l'obbligo della conoscenza dell'italiano e della Costituzione imposto ai migranti e i corsi di dialetto locale per stranieri: in quel di Belluno, un assessore provinciale ha pensato bene di sacrificare denaro pubblico al nobile scopo di permettere ai meteci di comprendere l'oscura parlata dei loro sfruttatori. I quali, se sottoposti a un test d'italiano, dopo cinquanta o settanta anni di vita in Italia, farebbero cilecca. Non parliamo poi se dovessero dar prova di conoscenza della Costituzione e di «formazione civica e informazione sulla vita civile», o se dovessero dimostrare di aver onorato gli «obblighi fiscali», come la legge esige dai migranti.
In realtà, la contraddizione logica fra vessazione localizzata e nazionalizzazione degli stranieri non è incoerenza politica. Per parafrasare Theodor W. Adorno, fu il culto delle feste in costume a partorire la politica nazional-socialista. Lo stillicidio di ordinanze comunali per decontaminare il territorio locale dalle scorie migranti (che restino sepolte per farsi sfruttare da qualche padroncino) è l'altra faccia delle leggi nazionali discriminatorie o vessatorie.
Si dirà: è una legge-propaganda, inapplicabile, utile solo a mostrare i muscoli e a intimorire gli immigrati. E in parte è vero. Come scrive Sergio Briguglio, comporterà anzitutto un pesante aggravio del lavoro dell'amministrazione, quindi un allungamento dei tempi per il rinnovo dei permessi di soggiorno, già oggi biblici. E anche, aggiungiamo, l'incremento dell'arbitrio e della burocratica banalità del male che conduce a internare o a espellere un immigrato. Ma il punto decisivo è questo: in un contesto di grave decadimento della democrazia e di crescente razzismo, istituzionale e popolare, ogni tassello legislativo rivolto ai capri espiatori è un passo verso la loro umiliazione.

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