CULTURA & VISIONI

Malcolm McLaren, un situazionista alla corte del punk inglese

RICORDI
ADINOLFI FRANCESCO,

Giugno 2008 i Sex Pistols si esibiscono all'Heineken Jammin' Festival di Mestre. Il concerto è sulla scia dei reunion show del novembre 2007 alla Brixton Academy di Londra. In quell'occasione si celebravano i 30 anni dall'uscita di Never Mind The Bollocks, Here's The Sex Pistols, il loro unico album. A Mestre sono le due di notte, e il bar del Laguna Palace, l'hotel dove alloggiano i tre Pistols (Johnny Rotten è in un cinque stelle di Venezia), chi scrive e altri colleghi, è chiuso da ore. Intorno nemmeno la sagoma di un sandwich.
Steve Jones, il chitarrista - stessa stazza di Elvis, ultimo periodo - è nervoso, ha fame. E quando Steve ha fame è tra i rocker più voraci del mondo. Chiediamo alla reception di intercedere presso un addetto alle cucine, ma niente. Jones mugugna e alla fine incrocia gli occhi di Paul Cook, il batterista: «Se ci fosse stato Malcolm, sicuramente avremmo mangiato».
Malcolm McLaren (64 anni), scomparso l'altro ieri in una clinica svizzera in seguito a un mesotelioma, un tumore abbastanza raro, è stato il grande tabù dei Sex Pistols; di lui era meglio non parlare. Se volevi accompagnarti ai Pistols, quel nome non andava fatto. Era come la scelta di campo di una vita: Beatles o Rolling Stones, Nirvana o Pearl Jam, Sex Pistols o Malcolm McLaren. I due punti di vista, le due strade, le due storie. Il manager a sostenere che senza di lui i Pistols non sarebbero mai esistiti; Johnny Rotten - e a cascata Glen Matlock, il bassista originario, prima dell'arrivo di Sid Vicious - a smentire punto su punto le teorie di Malcolm. I restanti Cook e Jones, invece, erano quelli che lo avevano fiancheggiato, che Malcolm si era portato appresso a Rio de Janeiro dopo lo scioglimento dei Sex Pistols. In Brasile li aveva chiusi in uno studio di registrazione con Ronnie Biggs, il bandito della grande rapina al treno Glasgow-Londra, che per l'occasione cantava No One Is Innocent. E nella storia dei Sex Pistols, la band che ha cambiato il rock e che ci ha cambiato la vita, nessuno è effettivamente innocente.
Le autobiografie di Glen Matlock (I Was a Teenage Sex Pistol) o di Johnny Rotten (No Irish, No Blacks, No Dogs) sparano a zero sull'ex manager e lui sempre lì a rispondere. Perché in fondo il mito dei Sex Pistols è anche qui, in questo grande racconto di risposte per interposta persona. Una è stata senz'altro Julien Temple a cui fu chiesto da McLaren di dirigere The Great Rock'n'Roll Swindle (1980), un film pensato dal manager per raccontare «la verità» del gruppo. A quella pellicola, 20 anni dopo, avrebbe risposto sempre lo stesso regista con The Filth and The Fury, stavolta sollecitato dai Pistols. Botte e risposte su tutto, sempre: su royalties mai corrisposte, vessazioni da manager ecc.
Almeno in quest'occasione, però, la storia deve essere solo di Malcolm. Solo sua. Ed è quella che in origine lo vuole intento - per propria ammissione - a manipolare una band per mettere in pratica quanto studiato negli anni Sessanta alle art school di Londra. «Volevo sperimentare su di loro l'esistenzialismo e il situazionismo, i miei grandi amori», ci confessò nel '94 quando venne in Italia per promuovere Paris, il suo disco-ode a Camus, Sartre, Vian.
E ancora: Malcolm si definiva il grande pre-ordinatore; pensava di essere stato la sola ragione per cui i Pistols esistevano; riteneva di aver ispirato tutti i pezzi della band; considerava Steve Jones l'unico in grado di mettere sangue e sesso nella musica; ricordava a tutti che Rotten era quello che «la domenica spariva per andare in chiesa con la madre e il lunedì ci raccontava di imprese incredibili». E soprattutto: «Ho dato io 100mila dollari a un avvocato di New York, Efney Bayley per far sparire le prove che era stato Sid ad uccidere Nancy. Dovevo salvarlo. Non è vero, come mi accusavano la Virgin e Rotten, che li avevo spesi per The Great Rock'n'Roll Swindle».
La morte di Malcolm («Per me un tipo sempre divertente, ricordatevi di questa cosa; soprattutto un entertainer, mi mancherà e dovrebbe mancare anche a voi», ha dichiarato Johnny Rotten sul suo sito) riporta alla mente i suoi negozi di Londra (da Let It Rock a Sex) aperti con il primo amore (letteralmente) Vivienne Westwood; rimanda ad Adam Ant che da Malcom si fece consigliare il look «ultracolour» e a cui il manager rubò la band per dar vita ai Bow Wow Wow con la 13enne Annabella Lwin; rimanda a Duck Rock, il suo primo album solista dell'83 con cui esportò in Europa l'hip hop Usa. Poi il sinfonismo del singolo Madam Butterfly, gli album Waltz Darling e Paris, il pezzo scritto per Kill Bill 2, la co-produzione del film Fast Food Nation e l'abortita corsa a sindaco di Londra nel 2000.
Malcolm Robert Andrew McLaren lascia la compagna Young Kim e Joe Corré (ideatore della lingerie Agent Provocateur), il figlio avuto da Vivienne. Con la sua morte vola via anche un pezzo di cuore di una generazione che la giornalista Julie Burchill considerava tutta figlia della Thatcher e di McLaren. Anche se vivevi in Italia.

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