CULTURA & VISIONI

Cartolina DALLA CINA

NARRATORI IN CERCA DI UN AVATAR
PESARO NICOLETTA,

Sfiancata per decenni dallo sfruttamento ideologico e ora da quello commerciale, la letteratura cinese viene data episodicamente per morta, salvo poi risuscitare quando qualche autore di livello internazionale vince un prestigioso premio o pubblica una intervista contro il proprio governo su qualche media occidentale: è quanto risulta da questa parte del mondo. Ma all'interno della Grande Muraglia, l'atmosfera è assai più vivace, e i protagonisti della narrativa sono anche loro, nel bene e nel male, perfettamente al passo con i ritmi e il clima della postmodernità. Emblemi della interessante miscela tra Internet, letteratura e affari, sono due figure simili soprattutto per dinamismo e giovane età, due inventori di sogni: l'imprenditore Hou Xiaoqiang e lo scrittore Han Han, divenuto celebre per il suo primo romanzo, una polemica e frontale denuncia del sistema scolastico cinese, cui ha aggiunto un blog visitatissimo. E, finalmente, qualche giorno fa, la classifica proposta dai lettori del Time lo ha messo tra gli uomini più influenti del mondo. Quanto a Hou Xiaoqiang, oggi trentaquattrenne, quando ha fondato nel 2007 il suo impero, ovvero il colosso editoriale on-line Shanda literature, aveva come obiettivo quello di aprire una «fabbrica dei sogni globale per i romanzi in lingua cinese», che esaudisse le aspirazioni di migliaia di candidati scrittori, alimentando nello stesso tempo i sogni di milioni di lettori.

Fabbrica di sogni e di incubi
Internet è stata capace di sopperire in Cina alle difficoltà e alle lacune del mercato letterario cartaceo, tra i mille problemi creati dalla censura e dalla distribuzione. Oggi anche i sogni indotti dalla letteratura sono a portata di Iphone: a fine marzo, infatti, un accordo con l'americana Apple ha trasformato il servizio letterario sul web più popolare della Cina in una delle tante, sfiziose applicazioni per smartphone. Il visionario e scaltro Hou intravede nella letteratura un agente di sublimazione del profitto aziendale, e ha proiettato l'immaginazione declinata in forma di fiction sullo schermo rimpicciolito di un cellulare, promuovendo una sorta di libertà digitale dai contorni ludico-fantastici: non a caso, Shanda, oltre a detenere il controllo del mercato letterario in rete, è anche il più importante promotore di videogiochi on-line del Paese. L'immagine di una gigantesca omologazione dei desideri e delle fantasie umane getta un'ombra sinistra sul concetto peraltro encomiabile di unità globale, tradendo l'innata visione collettivistica della società. Ma oggi in Cina, al di là del nazionalismo, il sogno di grandezza è letto da ciascuno come a propria portata di mano: in equilibrio precario tra senso degli affari e idealismo, il fondatore di Shanda, per esempio, coltiva il suo desiderio di intima divagazione dalla realtà. Ovviamente sono i giovani, anzi i giovanissimi il target privilegiato di questa fabbrica dei sogni: è loro la paternità di molti romanzi digitali che circolano quotidianamente in rete, loro il pubblico entusiasta, chiamato a leggere, votare e diffondere testi per lo più appartenenti al genere fantasy, a quello delle arti marziali o a una letteratura neoromantica (con chiare derivazioni dai manga giapponesi). Il sogno, però, per realizzarsi prevede che le nuove star letterarie acquisiscano lo status definitivo di scrittori con la pubblicazione cartacea dei loro romanzi: non è sufficiente la realtà virtuale ed economicamente proficua della rete. D'altronde, Shanda aspira sempre di più al patrocinio di attività e dibattiti letterari alti, vorrebbe espugnare dall'interno il mondo letterario tradizionale, creando un'interazione sempre più fitta tra rete, pubblico e ambienti intellettuali. Anche il fondatore, Hou Xiaoqiang, infatti, coltiva il suo personale sogno di grandezza: quello di portare scrittori di fama internazionale come Yu Hua nel circuito letterario che la sua azienda distribuisce ai terminali della cultura digitalizzata.
In un paio di decenni, comunque, Internet è diventata soprattutto una fabbrica di incubi per le autorità governative. Lo scrittore Wang Xiaobo, in un breve articolo dei primi anni '90 del secolo scorso, ne invocava profetico e provocatorio l'abolizione: «È mai possibile permettere la libera circolazione delle informazioni? ... con l'esplosione delle informazioni nella società moderna, anche volendo, è troppo difficile applicare un controllo; è più comodo vietare». Avendo subito la censura e le persecuzioni delle autorità durante la Rivoluzione culturale per il suo comportamento libero e disinibito e per i suoi romanzi (pubblicati solo postumi nel 1997), Wang Xiaobo possiede una più che sufficiente cognizione di causa in merito ai fantasmi suscitati dalle istanze di controllo dei nuovi media.
Impaurita dal potenziale realismo della dimensione onirica fabbricata dalla rete, la Repubblica Popolare Cinese è in grado, come tutte le nazioni avanzate e di più, di utilizzare software potentissimi per limitare ed edulcorare gli effetti della libertà informatica. Al «compagno» (ma non si dice più così da tempo, il termine oggi significa per lo più «omosessuale») utente si garantisce comunque l'ebbrezza del surf cibernetico, salvaguardandolo però dal pericolo di annegare negli abissi di una libertà assoluta, dove la collettività in cui l'individuo da sempre deve riconoscersi e integrarsi non è più quella nazionale e culturalmente definita del Regno di Mezzo, bensì una nuova anonima comunità sparsa ai quattro angoli del mondo. Anche la scrittura/lingua (da millenni elemento unificante dell'identità cinese) non basta più: molti netizen cinesi oggi comunicano infatti direttamente in inglese. Se a rimanere impigliati nella rete cinese sono quei termini e sintagmi politicamente sensibili come «democrazia», «piazza Tian'an Men» o «Tibet», l'ansia di controllo si rivela curiosamente impotente di fronte alla letteratura on-line e alla narrativa per i cellulari (shouji xiaoshuo) che immettono nei circuiti digitali personali una capillare e difficilmente censurabile marea di parole e idee largamente condivise, di personaggi e storie in cui identificarsi senza dover per questo aderire al «grande sogno nazionale». Che peraltro, sovrapponendosi e distanzandosi dai miraggi individuali ha provocato già un processo veloce di sfrangiamento dell'identità cinese.

Un vicino precedente storico
In fondo, la ricetta di Shanda, che illude tutti di potere accedere alla scrittura professionale e dunque promuove la costruzione di una propria realtà alternativa all'esistente, configurando un mondo letterario nel quale realizzare un doppio sogno, creativo ed esistenziale, rimanda a quanto già praticato, sebbene con risvolti più complessi, dalla avanguardia letteraria degli anni '80 e dal successivo filone del nuovo romanzo storico, che avevano rivendicato il diritto a ri-raccontare la Storia dal punto di vista del singolo, mettendo in discussione la narrazione storiografica ufficiale. Tutto sta nel mettersi d'accordo sulla funzione attribuita al testo letterario: spazio di critica ed espressione pubblica ieri, spazio di espressione privata oggi. Scrittori protagonisti di quella stagione, come Yu Hua e Mo Yan, continuano tuttora a raccontare la loro prospettiva sulla realtà, non ignorando tuttavia che alla costruzione di questa stessa realtà oggi contribuiscono molto di più la rete e i nuovi media: è lì che, tra milioni di caratteri, scorrono le idee e le emozioni vitalizzanti del dissenso, che sfuggono a ogni censura proprio grazie alla istantaneità e alla immediatezza della loro pubblicazione.
Google è solo uno degli attori di questa strana partita che si sta giocando nella società cinese, che, blandita dal benessere economico e dal progresso tecnologico, inciampa ogni tanto anche nel sogno democratico. Negli ultimi tempi il «popolo della rete» (wangmin) cinese è stato fondamentale nel portare alla luce scandali politici ed episodi di ingiustizia sociale o economica, costringendo le autorità locali o centrali a frettolosi interventi riparatori. Ne sono esempi la gestione dell'emergenza dopo il terremoto del Sichuan o i vari casi giudiziari risolti grazie alla mobilitazione dei cittadini internauti. Internet è sì il grande bacino affaristico del nuovo millennio, dove si combinano intrattenimento e consumi, dove migliaia di cittadini acquistano azioni in borsa, o che ha permesso la creazione di giganti finanziari come Shanda, ma è anche la grande piazza virtuale che può essere occupata, senza che vi facciano irruzione i carri armati, dalla nuova società civile cinese, una moltitudine variegata e non più silenziosa, capace di rapide ed efficaci mobilitazioni.
In un recente articolo il giornalista sinologo Ivan Franceschini, autore di inchieste sulla società e sul mondo dei lavoratori cinesi, ha definito la rete in Cina il «muro della democrazia del XXI secolo», sottolineando che «i cittadini cinesi si servono del web come strumento per supplire alle carenze del sistema politico in termini di rappresentanza, partecipazione e supervisione».
Tuttavia Internet non è solo scenario di grandi movimenti collettivi, è anche ribalta per figure che concentrano in sé idolatrie e profitti formidabili. L'onnipresente Shanda ha acquisito, tramite una sua affiliata, i diritti di quel fabbricante di sogni che è, appunto, Han Han, non solo giovane fucina di bestseller, idolo multimilionario degli adolescenti e blogger più letto in Cina, ma autore di commenti su società, cultura e politica che sfiorano spesso, senza varcarlo, il confine del dissenso. Forse il miglior emblema di questo fenomeno, in cui gli opposti misteriosamente si conciliano, Han Han rappresenta una Cina sfacciata ed edonista, critica verso il potere, assetata di libertà individuali, ma anche profondamente pragmatica e opportunista, colta e popolare allo stesso tempo. In un commento comparso on-line dopo l'affaire Google e poi subito rimosso, lo scrittore, pur rimpiangendo la presenza del motore di ricerca, si chiede: «I cinesi aspirano davvero a quei pericolosi valori universali? Sì, ma lo fanno in modo collaterale, tale aspirazione vale assai meno di un appartamento nuovo o dell'ultima versione di un videogioco. La vita di ciascuno, infatti, è sottoposta a una tale pressione che non c'è spazio per gli ideali, basta un boccone di riso: che differenza c'è tra mangiarlo in ginocchio o in piedi? Forse Google ha sopravvalutato il valore di libertà, verità, giustizia, e altre cose simili agli occhi di gran parte del popolo di Internet, tutto ciò non è concreto quanto raccogliere un biglietto da cento yuan per strada.» È cinismo quello rivelato da queste parole, (in fondo Han Han è uno degli uomini più ricchi di Cina), semplice realismo, o piuttosto una nuova provocazione? Lo scrittore che ha fatto sognare milioni di adolescenti è forse incline a credere che si possa aspirare, per i più, solo a sogni a buon mercato, gratificazioni materiali e qualche illusione creata dalla letteratura di evasione di cui lui stesso è autore? La realtà è assai più complessa, e sarà bene dubitare di tale scettica impudenza; in fondo, a ben leggerli, i suoi romanzi come i suoi post tentano di graffiare il sistema senza vedere scalfita la propria immagine di popstar illuminata.

Quando sul piatto c'è la fame
Le parole di Han Han, del resto, richiamano alla memoria quelle di un ben più illustre suo concittadino. Oltre ottant'anni fa, il grande intellettuale e scrittore Lu Xun, con il pessimismo e la lucidità a lui connaturati, anteponeva i diritti economici alla rivendicazione di libertà politiche, ricordando come il diritto al sogno si scontrasse con la dittatura del danaro: «Se non riusciamo a trovare una strada ci è necessario il sogno, ma non il sogno del futuro, bensì il sogno del presente - scriveva nella Falsa libertà (trad. Edoarda Masi, Quodlibet, 2006)». E proseguiva, «La libertà non è cosa che si possa comprare col danaro, ma per danaro si può vendere. La specie umana ha una grave debolezza, il continuo tornare della fame... Esigere i diritti economici è senza dubbio molto semplice, eppure è forse molto più difficile che esigere gli alti diritti politici.»
Dopo quasi un secolo i cinesi hanno fatto tesoro di questo severo appello, e dunque esplorano con cautela le possibilità di emancipazione cibernetica, accontentandosi per ora di sognare il presente; quanto alla letteratura, potrebbe sortire nuova linfa dal suo avatar digitale. Il fenomeno è ancora troppo immaturo, certo è che si impongono nuovi termini di paragone, nuove frontiere del gusto per lettori, scrittori e critici, dove a volte a dispetto altre volte grazie alla presenza egemonica del mercato, verranno forse suggeriti anche nuovi rapporti tra etica ed estetica.

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