CONTROPIANO

Astensionismo, bestia nera della sinistra

ANALISI
TOALDO MATTIA,

Come ha fatto Renata Polverini a vincere le elezioni nel Lazio? La domanda è tanto più legittima se si pensa che l'ex segretaria dell'Ugl ha perso 115 mila voti rispetto a quanto raccolto da Francesco Storace nel 2005, registrando il peggior risultato di sempre di un candidato di centrodestra in questa regione.
È un dato comune a molte altre regioni: il centrodestra perde voti, ma riesce a vincere perché comunque ne perde meno del centrosinistra: succede anche a Cota in Piemonte. Non è la prima volta che l'astensione gioca un ruolo cruciale nelle sconfitte del centrosinistra a Roma e nel Lazio. La destra, prima della Polverini, era sempre stata impermeabile al fenomeno, prendendo sempre e comunque un po' più di un milione e mezzo di voti, quale che fosse l'affluenza. La curva dei voti ai candidati del centrosinistra negli ultimi 10 anni, invece, ha la stessa ondulazione di quella dei voti validi perché, evidentemente, gli elettori di questa coalizione quando sono delusi o arrabbiati, non votano dall'altra parte ma o rimangono a casa oppure annullano la scheda
Le prime avvisaglie di questo fenomeno, non percepite, arrivarono nel 2000. Badaloni perse 190mila voti rispetto al 1995, la parte più consistente dei 260mila voti validi in meno registrati in tutta la regione. Cinque anni dopo tornavano a votare proprio 190mila elettori in più, di cui si avvantaggiava Piero Marrazzo, mentre Storace riprendeva gli stessi voti di quando aveva vinto. Era una vittoria del "partito del presidente" più che dei partiti di centrosinistra: gli astensionisti tornati al voto non premiavano né Uniti nell'Ulivo (che perdeva 50mila voti rispetto a Ds, Ppi e Asinello nel 2000) né la sinistra radicale che prendeva esattamente gli stessi voti di cinque anni prima, come se tutti i "movimenti" non ci fossero stati. Un terzo dei voti di tutta la coalizione, 475mila in termini assoluti, andavano invece direttamente al candidato "governatore" senza esprimere preferenze partitiche oppure alla lista civica che portava il suo nome. Ai partiti deboli si sopperiva con il "partito del presidente", in questo caso un candidato dalla chiara fama mediatica.
Se il candidato era sbagliato, o la disaffezione troppo grande, il gioco non funzionava più. Nelle comunali del 2008, 250mila voti del centrosinistra venivano inghiottiti dall'astensione mentre Alemanno riportava a votare semplicemente chi aveva scelto Tajani nel 2001. Già allora, uno dei peggiori risultati del centrodestra in città lo portava alla vittoria grazie al crollo dei voti assoluti a sinistra.
L'astensione, però, non è l'unica causa delle sconfitte del centrosinistra in questa regione. C'è una debolezza dei partiti di centrosinistra (sia i "riformisti" che i "radicali") che viene da lontano. Nelle regionali del 2000, dopo 4 anni di governo di cui 2 a guida D'Alema, i Ds perdevano un terzo del loro elettorato laziale. I popolari perdevano un quarto dei voti, Prc e Pdci un quinto. Alcuni di questi voti persi non sarebbero più tornati, neanche nel 2005.
A Roma, poi, il crollo dei voti validi comincia con le comunali del 2006 (solo quella volta a danno della destra), si conferma e a danno di Rutelli nel 2008 e si aggrava con le scorse europee quando si perdono 185.000 voti validi che non tornano con le regionali di domenica. Segno che c'è un'astensione di sinistra (o di parti di società che una volta votavano a sinistra e ora non lo fanno più) oramai consolidata. Dopo la frana delle comunali del 2008 il centrosinistra romano nel suo complesso non si schioda più: 676.000 voti nel 2008, 675.000 nel 2009, 695.000 nel 2010. Si muovono invece i consensi ai partiti. Il Pd perde in due anni (dalle comunali ad oggi) più di 200mila voti, il 40% del bottino iniziale. I partiti alla sua sinistra (la Federazione, Sel, il Psi, i Verdi) recuperano una parte piccola di questi voti, rimanendo comunque a due terzi del livello raggiunto nel 2005. L'Idv cresce molto alle scorse europee e poi si ferma. Le liste civiche, non tirano più come una volta. Guardando i dati cittadini dal 2005 ad oggi, sembra che il Pd abbia prima fatto il pieno in nome del voto utile e che poi una parte di quei consensi sia finita in astensione. Se non si recuperano i voti degli astensionisti di sinistra si rischia di ripetere, tra 3 anni, i risultati del primo turno del 2008. E poi si sa com'è andata al ballottaggio.
In fondo, a Roma si confermano i trend nazionali: il crollo del Pd, la scomparsa di metà sinistra (e dell'Udeur che era attorno al 10% in Campania e Calabria) e l'aumento consolidato dell'astensione. Questo fenomeno può anche essere ragione di ottimismo: il centrodestra rappresenta in realtà solo il 29,87% della popolazione adulta delle 13 regioni che sono andate al voto. Ci sono 18 milioni di italiani che, nel referendum continuo su Berlusconi, non votano per lui ma neanche per l'opposizione. Serve che il 9,1% di loro vada a votare e scelga il centrosinistra per ribaltare i termini della partita. Ma bisogna prima capire che sono loro il vero "centro" da conquistare e che, per farlo, non basta una campagna di marketing ben congegnata. *Italia2013

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