POLITICA & SOCIETÀ

L'accordo Pd-Udc favorisce l'unità della sinistra

MARCHE
SINIGAGLIA SERGIO,ANCONA

Dopo quindici anni di governo unitario nella regione, il centrosinistra marchigiano si divide e si presenterà separato alle elezioni del 28 marzo. E' la conseguenza del patto Pd/Udc benedetto dai segretari nazionali e portato avanti con ostinazione dal segretario regionale dei democratici Palmiro Ucchielli. Dunque da una parte Pd, Idv, Udc e cespugli vari, dall'altra la sinistra per una volta finalmente unita (salvo clamorose smentite). Quindi Prc,Pdci e Sel. Il primo schieramento sosterrà il governatore uscente Gian Mario Spacca, mentre per la sinistra è molto probabile che la scelta ricada su Massimo Rossi già sindaco di Grottammare (la cosiddetta Porto Alegre italiana per l'esperienza di bilancio partecipato) e fino al 2009 presidente della Provincia di Ascoli, carica dalla quale è stato defenestrato grazie all'alzata di ingegno del Pd locale di rompere anche lì la coalizione, favorendo così la vittoria del centrodestra. Un anticipo della rottura avvenuta su scala regionale, nel caso piceno senza Udc.
Si conclude così nel peggiore dei modi un tira e molla che è durato settimane. Vertici, controvertici, trattative, conferenze stampa, tourbillon di dichiarazioni, appelli. E alla fine è stato dato vita a quello che Ucchielli ha definito «il laboratorio marchigiano che nasce nel segno dell'innovazione». In realtà dall'atelier Pd/Udc viene sfornato una specie di Frankestein. Già in un incontro del 4 febbraio del centrosinistra era stato stilato un programma che, seppur mediando, recepiva alcune richieste del partito di Casini. Ma all'Udc questo non era sufficiente, volevano che i «comunisti» e «la falce e martello» fossero messi alla porta. Una richiesta inaccettabile, una specie di conventio ad excludendum da Prima Repubblica, che Sel ha rifiutato. «Non è possibile mettere nessun veto - ha dichiarato il coordinatore regionale della Sel Edoardo Mentrasti - per noi è valido il programma del 4 febbraio. Non siamo contrari alla presenza dell'Udc ma all'interno di un centrosinistra unito. Non si può dire che lo schieramento di questi 15 anni ha governato bene e poi rompere il fronte unitario». E su questa linea si sono riconosciuti gli iscritti del partito visto che domenica scorsa in un'affollata assemblea hanno approvato con una buona maggioranza, nonostante il dissenso di una parte degli ex Ds, la linea del coordinatore regionale. Chi invece rischia di pagare a caro prezzo questa scelta sciagurata e proprio il Pd. Lunedì l'incontro regionale che doveva ratificare la linea Ucchielli-Bersani ha visto invece esplicitarsi il dissenso di numerosi dirigenti, tra i quali alcuni esponenti di primo piano come la senatrice Marina Magistrelli, prodiana di ferro, contraria alla rottura. La segreteria del partito a Senigallia si è autosospesa per protesta. Molti mal di pancia anche Fermo, per non parlare di Macerata dove l'Udc in Provincia ha la presidenza della giunta e governa con Pdl e Lega. Insomma Ucchielli al diktat di Bersani ha risposto come Garibaldi, "obbedisco!" ma al massimo potrà essere identificato come «l'eroe dei due forni».
Da tutta questa situazione a beneficiarne potrebbe essere la litigiosa sinistra radicale. Grazie al capolavoro dei democratici, dovrebbe essere scontata la convergenza su un candidato unitario.

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