LETTERE E COMMENTI

A Terni, «Strada facendo» senza farsi strada

CIOTTI LUIGI,

Fare strada, non «farsi strada». È questo il senso profondo del quarto appuntamento di «Strada facendo» che si apre oggi a Terni. 1.200 operatori del sociale, educatori, volontari, insegnanti, studiosi, sindacalisti che si confrontano con amministratori pubblici e con politici su temi che toccano e spesso soffocano la vita di tante persone: il lavoro, la casa, lo stato sociale, l'immigrazione, il futuro dei giovani, il carcere e le politiche penali. Per fare strada e non farsi strada, per costruire insieme una società del «noi», dove ogni persona possa essere riconosciuta nei suoi diritti, nella sua dignità.
Sono temi attraversati tutti dalla crisi economica, ma a Terni ribadiremo che, prima che economica, questa è una crisi di diritti. Una crisi politica, etica, culturale. Una delle spie più evidenti è proprio il modo in cui si affrontano i problemi sociali. Nel migliore dei casi secondo la logica dell'emergenza, della soluzione «tampone» che agisce sui sintomi ma lascia intatte le cause. Nel peggiore, con la rimozione, la distorsione, la demagogia.
Stiamo assistendo a una impressionante riduzione del «sociale» in «penale». Le carceri scoppiano, diventano luoghi di sola sofferenza? Si annuncia la costruzione di nuovi padiglioni, ben sapendo che subito verrebbero riempiti, perché il problema non è solo quello di ampliare e, come giusto, modernizzare l'edilizia carceraria, ma di fare in modo che le persone in carcere non ci finiscano. Sembrava una conquista culturale acquisita, quella che riconduce gran parte della devianza alla povertà di politiche sociali, alla carenza di strumenti educativi e culturali, e invece ci ritroviamo in una situazione in cui chi nasce povero, meno garantito, ha poche speranze di risalire la china, viene abbandonato a un destino che non lascerebbe indifferente una società più giusta e solidale.
Lo stesso accade con l'immigrazione. Potrebbe essere una grande opportunità: umana, culturale, anche economica, dal momento che la storia cammina da sempre sulle gambe dell'incontro con le diversità. Invece si è voluto far prevalere le ragioni dell'io su quelle della vita. Alla via difficile ma feconda dell'integrazione, di norme capaci di coniugare accoglienza e legalità, si è preferita la scorciatoia della repressione e della demagogia.
E poco importa se molte di quelle norme e ordinanze - in primis il mostro giuridico chiamato «reato di clandestinità» - incontrano difficile applicazione, vuoi per la scarsità di mezzi, vuoi per la resistenza morale di chi non vuole farsi complice di misure apertamente razziste. Ciò che conta, e preoccupa, sono le ricadute culturali, il riemergere dell'intolleranza, la legittimazione di una sicurezza «fai-da-te», sempre più sganciata dall'orbita del diritto.
Siamo a Terni per discutere di tutto questo, per chiedere alla politica di affrontare la crisi economica con un approccio diverso, con più grinta, più lungimiranza, ma anche più onestà. La mancanza di risorse non può diventare un alibi per tacere sulla loro iniqua distribuzione. Tra i paesi sviluppati, l'Italia è uno di quelli in cui è più cresciuta in questi trent'anni la distanza fra le classi sociali, lo scarto tra i profitti e i salari.
Chiederemo alla politica di non allontanarsi più dalla storia delle persone, di avere a cuore il bene comune e non solo quello di pochi potenti e privilegiati, di abbandonare i personalismi, le tattiche senza strategie, i compromessi al ribasso.
Senza dimenticare che politica siamo anche noi. Che la democrazia è un sistema prezioso quanto fragile che chiede a tutti i cittadini di guardare un po' oltre se stessi, e che le difficoltà attuali non possono giustificare, soprattutto in chi lavora nelle accoglienze, a stretto contatto con chi fa fatica, lo scoraggiamento, il ripiegamento, la routine.
«Sociale» vuol dire persone che chiedono, a volte con il solo sguardo, attenzione, prossimità, riconoscimento. «Sociale» è incontrare quegli sguardi di verità. Vuole dire camminare insieme a loro. Fare strada e non farsi strada.

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