POLITICA & SOCIETÀ

Ortomercato, minacce al sindacalista anticosche

MILANO
MILOSA DAVIDE,MILANO

Una croce accompagnata da parole di morte. Il tutto scritto sulla porta del suo piccolo ufficio. Per Josef Dioli, sindacalista da sempre in lotta contro le cosche e il clima di illegalità che si respira all'Ortomercato, si tratta della quinta minaccia di stampo mafioso in poco meno di due anni. La prima e la più grave fu nel luglio 2007 quando ignoti incendiarono la porta della sua casa. L'estate scorsa poi c'è stata un'aggressione all'interno degli stand. Risultato: Dioli si è ritrovato i denti rotti. E ora le infami scritte di ieri, per le quali ha ricevuto la solidarietà dei consiglieri del Pd milanese Pierfrancesco Majorino e David Gentili. «Esprimiamo il nostro appoggio a Joseph Dioli - si legge nel comunicato - impegnato in una rischiosa battaglia per la legalità in Ortomercato».
Già, perché qui in molti sanno i nomi di chi porta avanti affari poco puliti, ma nessuno parla. L'unico sembra essere Dioli e dunque per tutto quello che capita la responsabilità ricade su di lui. Come avvenuto poche settimane fa, quando gli ispettori del lavoro hanno bussato agli uffici di queste cooperative. Qui all'Ortomercato si respira un clima di paura. Soprattutto ora che qualcosa sembra cambiare sul fronte della lotta al lavoro nero. Nel novembre scorso, Roberto Predolin, presidente di Sogemi, società a partecipazione pubblica che controlla l'Ortomercato, ha indetto un bando di gara per assegnare gli appalti del facchinaggio a tre imprese. Un metodo ottimo per eliminare lo sfruttamento di mano d'opera. Gli appalti così sono stati dati a tre cooperative. E a metà febbraio le cose dovrebbero andare a regime. Eppure resta un punto interrogativo costituito da tutte quelle società rimaste fuori e che minacciano, due lo hanno già fatto, ricorso al Tar. I primi verdetti sono attesi per la fine di questa settimana.
L'opera di Predolin, nominato in quota centrodestra, resta comunque meritoria. E forse anche per questo, ad oggi, la sua poltrona resta traballante. L'ipotesi più concreta è un commissariamento di Sogemi. Ma secondo alcuni invece c'è un malcontento diffuso in una fetta delle imprese milanesi, legate a frange della maggioranza comunale, che non vedono di buon occhio questa epocale riforma. Il motivo è semplice: nell'illegalità (lavoro nero e caporalato) gli imprenditori possono contare su prezzi di mano d'opera molto bassi.

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