INTERNAZIONALE

Il velo, un affare di stato

FRANCIA
PARIGI ANNA MARIA MERLO,PARIGI

I sei mesi di lavoro della missione parlamentare sulla «pratica del velo integrale» si sono conclusi ieri in un clima teso e confuso. I 32 deputati, presieduti dal comunista André Gerin, hanno finito per votare in extremis il testo conclusivo, redatto da Eric Raoult (Ump, maggioranza) che propone una «risoluzione» solenne del parlamento, cioè una dichiarazione non vincolante di condanna del velo integrale «contrario ai valori della repubblica», che sperano sarà votata all'unanimità da tutte le forze politiche. La missione propone anche una legge che imponga il divieto del niqab nei servizi pubblici (uffici e di fronte alle scuole), trasporti compresi.
Gli undici parlamentari socialisti hanno rifiutato di partecipare al voto finale, anche se alcuni erano presenti, denunciando un dibattito «inquinato» dalle riunioni sull'identità nazionale in corso nelle Prefetture, iniziativa del ministro dell'immigrazione Eric Besson che si va trasformando in una stigmatizzazione dei francesi di origine straniera, musulmani in testa. A sinistra molti contestano l'aver trasformato un fenomeno marginale in Francia in un affare di stato (1900 donne portano il niqab, secondo il governo, per lo più gruppi radicali). Ma anche destra molti hanno minacciato fino all'ultimo di non votare il testo, perché chiedevano di più: una dichiarazione favorevole a una legge come proposta dal capogruppo dell'Ump all'Assemblea, Jean-François Copé, che vuole un drastico divieto del volto coperto (con una serie di eccezioni che non temono il ridicolo: casco integrale per i motociclisti, mascherine anti-batteri per i malati, maschere di carnevale), con multa di 750 euro per chi lo infrange.
Il presidente Sarkozy, dopo aver affermato a giugno che «il burqa non è il benvenuto in Francia», lunedì sera nelle due ore di dibattito televisivo di fronte a undici «veri francesi» scelti da Tf1 (la prima rete, privata), ha evitato di parlare del velo integrale. Ma ieri si è recato al cimitero militare di Notre Dame de Lorette, nel Pas de Calais, dove di recente ci sono stati atti di profanazione di tombe di soldati musulmani, per dire che non lascerà «stigmatizzare i cittadini francesi di religione musulmana», perché «la libertà di coscienza e di culto sono libertà fondamentali» così come «la laicità, la garanzia di autonomia dello stato».
Sarkozy e la missione parlamentare cercano ora, dopo mesi di polemiche strumentali in vista delle regionali di marzo, di calmare gioco e dare ai musulmani qualche garanzia. Ma lunedì sera Hassen Chalghoumi, l'imam di Drancy, cittadina della periferia di Parigi, è stato aggredito nella sua moschea. Secondo una versione, un commando di una cinquantina di uomini ha fatto irruzione nella moschea minacciando l'imam, accusato di essere «l'amico degli ebrei» (ha ricevuto di recente Richard Prasquier, il presidente del Crif, il Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia) e di essersi schierato a favore di una legge che vieta il burqa. Un'altra versione afferma che il gruppo di uomini chiedeva all'imam di dichiarare pubblicamente che le sue posizioni non rispecchiano quelle dei fedeli di Drancy.
La prudenza delle conclusioni della missione non è servita a calmare gli animi. Il presidente dell'Assemblea, Bernard Accoyer, a cui è stato consegnato il testo, ha affermato che «l'obiettivo è che cessi questa pratica». Ma per una legge bisognerà comunque aspettare dopo le regionali di marzo.
C'è unanimità a condannare il burqa, a destra come a sinistra, ma ci sono divisioni, a destra come a sinistra, sull'eventuale legge. Il principale timore della maggioranza è che una legge di divieto venga poi bocciata dal Consiglio costituzionale o dalla Corte europea dei diritti umani. «Suonerebbe come una sconfitta della repubblica» scrive la missione parlamentare.

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