Il nuovo, terzo presidente della Croazia è il «rosso» Ivo Josipovic, che al ballottaggio di domenica ha messo k.o. il concorrente autodefinitosi «anticomunista» Milan Bandic, attuale sindaco di Zagabria.
Fino a due settimane prima dell'inizio della campagna elettorale, ambedue i candidati facevano parte del comitato centrale del Partito socialista democratico croato. Josipovic è andato fino in fondo, fino alla vittoria, sotto il simbolo del partito; Bandic ne è uscito all'ultimo momento rinnegandolo pubblicamente per elemosinare i voti di partiti e movimenti della destra e presso i vertici della chiesa cattolica, definendo l'ex compagno di partito un «comunista purosangue» e se stesso «combattente della nazione croata ed anticomunista». A loro volta, nelle chiese e fuori di esse gli esponenti della Conferenza episcopale croata, con alla testa l'arcivescovo e cardinale Josip Bozanic, hanno demonizzato il candidato socialdemocratico sparando contro di lui a zero dai pulpiti e sui giornali. Bozanic, in particolare, sul finire della campagna elettorale, ha concesso a Bandic un'udienza di due ore.
L'aver voltato gabbana non ha portato fortuna a Bandic, sconfitto di larga misura. Josipovic, infatti, è stato eletto Capo della Stato con il 60,30% dei voti espressi, mentre il suo avversario ne ha raccolti il 39,70%. È apparso evidente, nella lunga campagna elettorale, l'abisso culturale esistente fra il professore universitario Josipovic, autore di saggi politici e di giurisprudenza ora anche compositore, e un avversario che, pur se laureato in scienze politiche, è ricorso a un vocabolario e a gesti volgari ed ha platealmente dimostrato una carente conoscenza dei rapporti e problemi politici internazionali. Come se non bastasse, ha inutilmente cercato di infangare il suo ex compagno di partito che, invece, si è dimostrato beneducato, garbato, rispettoso e soprattutto preparatissimo in tutto.
Ivo Josipovic è diventato il terzo presidente della Croazia dopo il «supremo» Tudjman e il decennio di Stipe Mesic che ha fatto dell'antifascismo la sua bandiera, chiudendo però i suoi due mandati con la riapertura delle ostilità con la Serbia per avere dedicato la sua ultimissima visita di stato all'estero al piccolo neo-stato del Kosovo. Josipovic deve la sua ascesa al vertice dello stato al proprio partito Sdp, ai voti di una larga fetta di aderenti al partito governativo Hdz che ha visto al primo turno la sconfitta di ben quattro suoi candidati, manifestando così una profonda lacerazione al proprio interno, e al sostegno pubblicamente manifestatogli al secondo turno da tutti i partiti che in parlamento formano l'opposizione all'attuale governo: la Dieta democratica istriana, il Partito popolare croato ed altri minori. Si sono dichiarati sostenitori di Josipovic anche i partiti che fanno attualmente parte della coalizione governativa al fianco dell'Hdz: Partito contadino, Partito liberale, partito democratico serbo. I voti pro-Bandic, invece, sono venuti dall'ala «nera» dell'Hdz, dei piccoli partiti e movimenti neofascisti, dai grandi tycoon che lo hanno pure largamente finanziato e dalla «diaspora», elettori della Bosnia-Erzegovina, dunque stranieri, che hanno però anche la cittadinanza croata.
I risultati delle presidenziali hanno aperto la strada alla vittoria del centrosinistra alle prossime elezioni parlamentari che dovrebbero svolgersi entro tre anni; ma stando le cose come stanno nel partito che fu di Tudjman, quasi certamente ci saranno elezioni anticipate. L'Hdz è un partito in frantumi, e l'intero centro destra croato è in completo sfaldamento. Con l'ascesa di Josipovic, che rappresenta la sinistra moderata, quello sfaldamento verrà accelerato.