CAPITALE & LAVORO

Brunetta alle solite: l'annunciata class action non esiste

BIDONI - Il ministro ne ha parlato per mesi, ma la legge è sparita. Forti limiti nella versione che riguarda le aziende
TORBIDONI GIULIA,

Il 2010 si è aperto con uno scippo «ai danni dei consumatori compiuto da Berlusconi e Brunetta». Lo sostiene il Codacons (il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) che accusa il governo di avere «fatto sparire la class-action contro la Pubblica Amministrazione».
Secondo i consumatori, il testo di legge sulle cause collettive, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale appena quattro giorni fa, il 2 gennaio, è diverso da quello precedente. Secondo il vecchio schema, a gennaio sarebbero dovute partire le azioni collettive contro i ministeri. Nel testo appena pubblicato, invece, «non entra in vigore un bel niente, almeno riguardo ad azioni che tendono a sanzionare il mancato rispetto degli standard qualitativi per i concessionari di servizi pubblici (Trenitalia, Comuni, Province, Regioni, società della luce, del gas, dell'acqua ecc...) rinviando la class-action a futuri e incerti decreti della Presidenza del Consiglio per fissare gli standard qualitativi dei servizi da erogare ai cittadini».
Dunque, le azioni collettive contro le carenze della pubblica amministrazione rimarranno ferme, ai posti di partenza in cui si erano posizionate. «Già l'azione collettiva contro la P.A. faceva acqua da tutte le parti perché non prevedeva sanzioni di alcun genere - scrivono i consumatori - ora, grazie al grande fustigatore Renato Brunetta, l'inefficienza delle varie amministrazioni sarà perdonata, a scapito degli utenti».
Ma c'è dell'altro. Secondo il Codacons, infatti, sono scomparsi dal testo di legge anche i fondi dell'Antitrust destinati alle associazioni dei consumatori: «Non compaiono né nelle pieghe del bilancio, né nel Milleproroghe, a testimoniare l'intenzione del governo di impedire alle associazioni di avvalersi dell'azione collettiva contro imprese e amministrazioni».
La class-action attivabile nei confronti delle imprese, è al contrario in vigore (dall'1 gennaio), ma presenta forti limiti: impedisce azioni collettive per illeciti commessi prima del 16 agosto 2009. Della serie scurdammoce 'o passat', come al solito. Con tanti saluti alle cause che i cittadini e i risparmiatori, truffati dai grandi crack tipo Parmalat e Cirio, avrebbero potuto intentare per avere giustizia. Altro punto debole sono i tempi: l'azione collettiva, infatti, deve superare una gimkana prima di vedere la fine. Prima c'è il controllo della sua ammissibilità; poi ha inizio la causa ordinaria, dove il giudice esamina tutte le richieste dei partecipanti alla class-action; in seguito c'è l'accertamento del danno e, infine, la sua quantificazione che si risolve con la restituzione delle somme e non con un risarcimento.
Il segretario generale dell'Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona, ha definito la norma «un'arma spuntata» perché il Codice del Consumo impedisce alle organizzazioni di proporre cause collettive. «Però - ha detto Dona - le azioni collettive si faranno per rendere palesi i limiti di questa norma».

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