LIBRI: NICK HORNBY, TUTTA UN'ALTRA MUSICA, TRAD. DI SILVIA PICCININI, GUANDA, PP. 322, EURO 17
Secondo Italo Calvino, un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire. Se è così, Jane Austen e Charles Dickens sono, senza ombra di dubbio, i più classici tra i classici inglesi. Della prima, ormai non si contano più le riprese: mentre nel nostro paese è appena uscito per le edizioni Nord Orgoglio e pregiudizio e zombie di Seth Graham-Smith, riscrittura in salsa horror del capolavoro austeniano, in Inghilterra è già stato pubblicato Ragione e sentimento e mostri marini, rifacimento «mostruoso» a cura di tale Ben H. Winters, pubblicizzato in Internet da un gustoso video che rifà il verso al film tratto da quel romanzo. E se nel lavoro di Graham-Smith, Elizabeth Bennet, addestrata secondo la mistica Shaolin, combatte orde di morti viventi generati da un virus malefico, fino all'incontro con il fascinoso Darcy, nei polizieschi di Carrie Brebis, i due protagonisti di Orgoglio e pregiudizio, ormai sposati, sconfiggono il crimine conducendo brillanti indagini al modo di Nick e Nora Charles nella serie dell'Uomo invisibile. L'ultima avventura di Mr e Mrs Darcy, Le ombre di Pemberley, ispirata a Northanger Abbey (non a caso, il titolo originale è North by Northanger), è uscita quest'anno in italiano, preceduta da due titoli che non lasciano dubbi sulla loro derivazione: Orgoglio e preveggenza e Sospetto e sentimento. Ma non basta: la stessa casa editrice di Brebis, Tea, pubblica anche i Jane Austen mysteries di Stephanie Barron, in cui la scrittrice inglese si trasforma in arguta detective per risolvere intricati casi polizieschi (Jane e il mistero del Reverendo, Jane e il segreto del medaglione, Jane e la disgrazia di Lady Scargrove sono i titoli tradotti finora).
Si tratta, è ovvio, di letteratura di intrattenimento e di genere, senza troppe pretese estetiche, ma attenta a rileggere la Austen con gli occhi della modernità, consegnandone al lettore - anche il meno avvezzo ai classici letterari - un'immagine accattivante e attuale, grazie anche a una profonda conoscenza dei meccanismi dei generi all'interno dei quali la sua opera e la sua figura vengono rivisitate. Così, mentre i polizieschi di Brebis e Barron si segnalano per la puntualità della rappresentazione storica, l'horror di Graham-Smith gioca parodicamente con gli stereotipi della letteratura di consumo (tanto quella rosa, propaggine degenere della Austen, quanto quella nera cui appartengono gli zombie inseriti a viva forza nel suo mondo).
Meno evidente, ma più profondo, è l'influsso di Dickens sulla narrativa recente. Se Matthew Pearl con Il ladro di libri incompiuti, apparso per Rizzoli qualche mese fa, si inserisce nel filone delle rivisitazioni gialle, creando un thriller complesso e avvincente a partire dalla morte improvvisa che impedisce a Dickens di terminare il suo ultimo romanzo, Edwin Drood, Richard Flanagan rilegge pagine della biografia dickensiana mettendole a confronto con la coeva realtà australiana in Solo per desiderio, tradotto da Frassinelli. Tuttavia, è solo nell'ultimo romanzo di Nick Hornby, Tutta un'altra musica, appena uscito da Guanda, e frettolosamente liquidato da qualche recensore come l'ennesima divagazione sulla sindrome di Peter Pan e il mondo della musica pop, che Charles Dickens appare come classico nel senso calviniano del termine, ovvero, un autore «che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui». Tucker Crowe, uno dei due protagonisti maschili, ex-rockstar di cui da lungo tempo si sono perse le tracce, autorizzando ogni tipo di illazione da parte dei suoi fan, è a sua volta un grande ammiratore di Dickens, al punto da usare come pseudonimo per la posta elettronica (non senza autoironia) il nome di un personaggio minore di Nicholas Nickleby, Albert Mantalini, un donnaiolo fannullone che manda in rovina la moglie.
La vuota esistenza di Crowe trova nel mondo di Dickens continui termini di confronto: è Barnaby Rudge, non certo uno dei romanzi dickensiani più famosi, ad accompagnarlo in volo verso l'Inghilterra, mentre durante un viaggio in treno da Londra alla costa orientale non può evitare di paragonarsi a Little Nell che attraversa morente la campagna inglese nella Bottega dell'antiquario. Del resto, è lui stesso a illustrare, quasi riecheggiando la definizione di Calvino, il suo atteggiamento nei confronti di Dickens. Dopo aver elencato prove su prove della produttività artistica e della vitalità dello scrittore vittoriano, Crowe conclude: «comincio a chiedermi se la mia infatuazione non sia dovuta, almeno in parte, al fatto che fosse l'opposto di me. È praticamente l'unica persona di cui, considerandone la vita, si possa pensare: questo è uno che non ha perso tempo. Succede che si venga attratti dagli opposti, no?»
Basta un'osservazione come questa per rendersi conto di come in questo romanzo Hornby proponga, rispetto alla sua produzione precedente, proprio «tutta un'altra musica», secondo il non felicissimo titolo con cui viene reso in italiano l'originale, Juliet, Naked. Tanto per cominciare, qui i personaggi maschili non sono eterni adolescenti, ma uomini di mezza età precocemente invecchiati, che o hanno rinunciato a vivere o non hanno mai vissuto, e per i quali la musica non è la variegata colonna sonora dell'esistenza, (de)generata magari in maniacale conoscenza enciclopedica, ma inquietante sublimazione di una realtà di cui da un pezzo hanno perso le coordinate. A tal fine, anche l'ambientazione è mutata rispetto ai romanzi precedenti: Londra è lontana; siamo in una località di mare sulla costa nord-orientale inglese, Gooleness, un paesino plumbeo che, nel ricordo degli abitanti, sembra aver vissuto una sola estate di gloria, quella del 1964.
Ma ciò che più differenzia Tutta un'altra musica dagli altri romanzi di Hornby è la figura della protagonista femminile, una quarantenne in crisi attorno a cui ruota, o meglio, attraverso il cui punto di vista è ripensata, l'intera vicenda: Annie, la direttrice del museo marittimo di Gooleness, convivente annoiata di Duncan, un insegnante liceale ossessionato dalla musica di Tucker Crowe, e destinata a diventare, in maniera del tutto fortuita, amica virtuale di quest'ultimo. Ad Annie, una donna che non stonerebbe nell'universo di Anne Tyler, la scrittrice più amata da Hornby, è affidato l'approfondimento della riflessione sulle occasioni perdute, sollecitata per Crowe dalla lettura di Dickens. In tal modo, la storia apparentemente leggera delle imprevedibili reazioni scatenate dalla pubblicazione, dopo venti e più anni di silenzio, di una versione non arrangiata, nuda di Juliet, l'album più amato e dibattuto di Crowe, è contrappuntata da un ripensamento sul tempo sprecato, che fa di questo romanzo, in certo modo, l'esatto contraltare delle Correzioni di Jonathan Franzen, dove la crisi esistenziale dei protagonisti nasceva invece dall'impossibilità di correggere azioni sbagliate compiute nel passato.