POLITICA & SOCIETÀ

Presi due superlatitanti tra Milano e Palermo

MAFIA
MILOSA DAVIDEMILANO

Uno con il pizzetto rifinito e il giubbotto alla moda, l'altro in jeans, barba incolta e occhiali da vista. Sono Gianni Nicchi e Gaetano Fidanzati, i due volti di Cosa nostra finiti ieri nella rete degli investigatori che ne hanno così interrotto la latitanza. Il ragazzino e il vecchio, entrambi ai vertici mafiosi sono stati arrestati sulla rotta Palermo-Milano. Prima è toccato a Nicchi scovato in un appartamento al primo piano in via Juvara a due passi da palazzo di Giustizia. Poi, attorno alle tre del pomeriggio è stata la volta di don Tanino, bloccato a passeggio in via Marghera, una delle più note strade dello shopping milanese.
Nicchi, alias Tiramisù, appena 28enne, era latitante dal 2006 e nonostante la sua giovane età viene considerato il vero erede dell'ala corleonese di Cosa nostra.
«Due colpi straordinari», ha detto ieri il premier Berlusconi, evidentemente soddisfatto dopo il venerdì nero passato ad ascoltare le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che da Torino ha rifinito punto per punto i rapporti tra il Cavaliere e i fratelli Graviano, boss di Brancaccio, mandanti delle stragi del 1993.
Tutto bene, dunque. Se non fosse per un particolare che rimbalza direttamente da Milano. Perché, ora, dopo l'arresto di Fidanzati gli investigatori puntano la lente sui suoi fiancheggiatori. Tra di loro ce ne sarebbe uno decisamente scomodo per il presidente del Consiglio. A rivelarlo è un pentito che collega la latitanza di Fidanzati ad Enrico Di Grusa, genero di Vittorio Mangano in passato legato da stretti rapporti con il senatore Marcello Dell'Utri. Si tratta di un filone decisamente interessante e che fa da corollario all'inchiesta milanesi sulle stragi.
Sul fronte Nicchi, nessun dubbio sul suo peso criminale. Un peso testimoniato dalle parole del boss Giuseppe Scaduto, ex reggente del mandamento di Bagheria, per anni regno di Bernardo Provenzano. Dice Scaduto al giovane Nicchi: «Bagheria è a disposizione». L'intercettazione sta nell'inchiesta Perseo, vera cartina di tornasole per capire gli ultimi assetti di Cosa nostra. Per arrivare alla sua cattura si sono scomodati addirittura i Servizi segreti che hanno fornito agli investigatori i luoghi frequentati da Nicchi. Uno di questi è certamente la città di Milano. Sotto la Madonnina, il giovane boss ci passa qualche tempo, appoggiandosi a diversi personaggi, molti dei quali, legati a doppio filo proprio a Mangano. Un pentito rivela infatti: «So che Pino il cinese è vicino a Gianni Nicchi». Pino il cinese è Giuseppe Porto, siciliano trapiantato al nord in ottimi rapporti con le figlie dell'ex fattore di Arcore. Di più: un altro pentito legato al clan di Salvatore Lo Piccolo sostiene che la latitanza di Tiramisù sia stata favorita dai fratelli Di Grusa. Uno, Alessandro, è stato condannato proprio per questo motivo, l'altro, Enrico, è sposato con Loredana Mangano.
Da Palermo a Milano, passando per Marcello Dell'Utri. Relazioni pericolose che, come si è detto, riguardano anche Gaetano Fidanzati, ascoltato boss dell'Arenella, fin dagli anni Settanta a Milano. «Lui - dice Giuseppe Lipari, legato al mandamento di Porta Nuova - va su perché a Milano ha le villette». E infatti, proprio a Mediglia, hinterland a nord della città, ieri sera gli investigatori hanno effettuato diverse perquisizioni. Si è cercato anche negli appartamenti di Salvatore Cangelosi, cognato del boss e di Domenico Papagna, usuraio. I due, ieri pomeriggio si trovavano in via Marghera assieme a Fidanzati. Stavano parlando tranquillamente, quando un agente fuori servizio li ha riconosciuti e ha chiamato subito le volanti.
Fidanzati fin dagli anni Settanta ha eletto Milano come sua base operativa. In passato ha trafficato droga con i corleonesi e con la 'ndrangheta. Da poco più di un anno era latitante, inseguito da due mandati d'arresto, uno per associazione mafiosa e l'altro per aver ordinato l'omicidio di Giovanni Buccaro, amante violento della figlia. Influente e rispettato, don Tanino a Milano aveva appoggi sicuri. Ora il testimone passa al figlio Guglielmo, uno tipo a cui piace la bella vita e che passa buona parte della sua giornata dietro la cassa di un noto ristorante di Brera.

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