CAPITALE & LAVORO

Cremaschi: la Cgil deve fare conflitto vero

IL CONGRESSO - «Più decisi con le imprese»
SCIOTTO ANTONIO,

«Io credo che lo sciopero generale avremmo potuto farlo in dicembre: vediamo un mese disseminato di mille scioperi e iniziative, anche della Cgil. È stato un errore non volerne neppure discutere nell'ultimo Direttivo di novembre: in questo modo non si incide sulla finanziaria». Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom e tra i firmatari della mozione Due «La Cgil che vogliamo», è tra gli oppositori più critici ed espliciti rispetto all'attuale gestione della Cgil. Spiega anzi che «la maggioranza dovrebbe ringraziare la mozione Due per aver dato l'opportunità al sindacato di celebrare finalmente un Congresso vero, a differenza dell'ultimo».

Perché, l'ultimo Congresso che aveva di sbagliato?
Quello del 2006 è stato solo una parata, una passerella offerta a Romano Prodi: ha danneggiato sia Prodi che la Cgil. Oggi, al contrario, possiamo confrontarci sul merito. Ma purtroppo per ora il dibattito non è svolto sui contenuti, e questo per responsabilità di una parte della maggioranza: sono interessati solo a delegittimarci in quanto portatori di idee differenti, accusandoci di voler dividere per distruggere. Io chiedo alla maggioranza, a Guglielmo Epifani, di accettare queste differenze, di confrontarsi per poterle istruire.

Obiettivamente non mi pare non riconoscano le differenze con voi: ad esempio sul conflitto categorie/confederalità.
Io spero vedano le più importanti, che riassumo in tre concetti: la fase attuale; l'accordo separato; la democrazia. Sulla fase, vedo che la maggioranza guidata da Epifani riconosce ovviamente un conflitto con il governo, ma non altrettanto con la Confindustria. Anzi, lo spiego in soldoni: spera di potersi alleare con la Confindustria contro il governo. Il cattivo è Berlusconi, mentre aspettiamo che finalmente Emma Marcegaglia si riveli buona. Ma questo non avviene: perché anzi, dico io, la Confindustria è ispiratrice delle politiche del governo, e se lo critica, lo fa sempre da destra, perché è poco liberista o autoritario. Così con Confindustria non confliggiamo mai.

E invece dovreste...
Ma certo. Questa incertezza si è vista anche con l'accordo separato: fino all'ultimo la Cgil ha fatto appello alla Confindustria perché non facesse «l'errore di firmare». Ma dal loro punto di vista hanno fatto bene a firmare, mica è un errore. Piuttosto per noi, spero quello non sia stato solo un «incidente di percorso»: deve essere praticato ogni giorno, perché altrimenti quel patto rischiamo di accettarlo a posteriori. Invece le categorie vanno in ordine sparso, senza una precisa linea confederale. E così ci facciamo risucchiare dalla Cisl, dal modello che delinea quell'accordo: un sindacato «complice», per dirla con Sacconi. Invece noi dobbiamo abbandonare la concertazione, e abbracciare la contrattazione: autonoma, senza vincoli.

In questo discorso è incluso anche il tema democrazia?
Sì, un nuovo sindacato: meno dei cittadini e più dei lavoratori. Meno istituzioni e più conflitto nei luoghi di lavoro. Con la contrattazione fondata sulla democrazia, con il referendum a scrutinio segreto, esattamente come quello della Repubblica italiana: e in queste modalità lo chiede solo la mozione Due. E poi non è vero che vogliamo tre maxi-categorie, ma certamente meno di quelle attuali sì: dovremmo accorpare i chimici, gli alimentaristi, i meccanici, i tessili, tutti quelli che contrattano con Confindustria. Per un semplice motivo: hanno tutti i problemi in comune, ma vedono spesso soluzioni diverse, e a volte alcune categorie fanno dumping rispetto alle altre. Chi non accetta questo, è solo perché fa parte di una burocrazia che non vuole perdere il proprio ruolo: chiama «confederalità» la propria posizione di potere.

Ma non può degenerare il conflitto categorie-confederazione?
Al contrario: e non è un caso che siano proprio le due categorie più sotto attacco, Fp e Fiom, a chiedere «discontinuità». La maggioranza è messa di fronte alla realtà, come Di Vittorio cambiò linea nel '55 dopo la sconfitta alla Fiat, o Lama nel '68-'69, dicendo sì ai consigli dei delegati. Infine aggiungo una differenza importante: noi chiediamo il ritiro delle truppe dall'Afghanistan, la mozione Uno no.

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