CONTROPIANO

Il clima delle donne

TerraTerra
GUERRISI TIZIANA,

«Donne, popolazione e clima in un mondo che cambia». A poco meno di un mese dal vertice Onu di Copenaghen sul clima, il Fondo per la popolazione delle Nazioni unite (Unfpa) capovolge l'approccio alla questione. E nel suo rapporto annuale mette la popolazione al centro del dibattito sul clima. La popolazione responsabile degli stravolgimenti ambientali e quella che con le catastrofi naturali fa i conti ogni giorno. Per dire, insomma, che l'attenzione ad energia, ambiente e nuove tecnologie da sola non basta ad arginare siccità, inondazioni, aumento della temperatura e scioglimento dei ghiacci. Servono anche politiche di sostegno alle persone, sostiene l'Unfpa nel rapporto (curato in Italia da Aidos-Associazione italiana donne per lo sviluppo), e serve la promozione dei diritti umani a partire da quelli delle donne, prime vittime e meno responsabili della situazione attuale.
Così l'Unfpa stila un dettagliato promemoria sulle responsabilità e le conseguenze dei cambiamenti climatici nel Nord e nel Sud del mondo. Sono i paesi più poveri, responsabili del 3 % delle emissioni di gas serra, i più colpiti da inondazioni e siccità: Eritrea e Bangladesh, per esempio, sono i paesi con il più basso consumo energetico procapite al mondo, ma tra i più colpiti dagli stravolgimenti climatici. Il 50 % più povero del mondo produce appena il 7 % delle emissioni, ma vede crescere la popolazione con maggiore velocità e si ritrova, senza averne gli strumenti, a fare i conti per primo con nuove sfide. Come le migrazioni dovute alle calamità naturali: se non si inverte la tendenza attuale, nel 2050 saranno 200 milioni i «rifugiati climatici» nel mondo. Dati che dovrebbero dare un senso di urgenza: riuscirà il vertice di Copenaghen ad approvare un trattato sul clima? C'è da dubitarne, i segnali sono negativi. L'Unfpa, intanto, ha stilato una serie di punti da cui ripartire, e molti si concentrano sul benessere delle donne come primo tassello dello sviluppo delle comunità. Il Fondo Onu per la popolazione chiede politiche immediate di sostegno allo sviluppo per garantire l'accesso alle donne ai diritti fondamentali: cibo, istruzione, salute. Perché sono loro le prime vittime dei disastri naturali (il ciclone che nel 1991 stravolse il Bangladesh uccise 5 volte più donne che uomini) ma sono anche il perno su cui ruotano famiglia ed economie di sussistenza, le prime ad attivare comportamenti eco-sostenibili. Ma la realtà è che l'impatto degli stravolgimenti climatici si aggiunge a una situazione di vulnerabilità impressionante: basti pensare che una donna al minuto muore durante la gravidanza o il parto, e di queste oltre 70mila muoiono per aborti a rischio.
«È necessario finanziare servizi di pianificazione familiare e dare accesso a contraccettivi - sottolinea Daniela Colombo, presidente Aidos - che permettano alle donne di scegliere se e quando avere figli» in contesti dove gravidanza e parto sono spesso la prima causa di morte fra le giovani donne. La realtà è l'opposto: i fondi per la salute riproduttiva sono calati, su scala globale, dai 723 milioni di dollari nel 1995 a 338 milioni nel 2007. Come stupirsi allora se 200 milioni di donne non hanno accesso a contraccettivi. «Le donne subiscono gli effetti maggiori dei cambiamenti climatici», continua Colombo: «Bisogna quindi permettere loro di contribuire alla ricerca delle soluzioni».
*Lettera22

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