Il prossimo 2 dicembre il crimine di pace commesso a Bhopal dalla Union Carbide compirà 25 anni. Nel giro di pochi giorni la nube tossica contenente 24 tonnellate di isocianato di metile uccise circa 10 mila persone. Altre 15 mila morirono negli anni successivi. Un quarto di secolo dopo, il bilancio delle vittime è ancora aperto. La fabbrica di pesticidi è stata chiusa, ma il sito non è stato decontaminato. Tanto meno è stata bonificata l'area di ricaduta della nube. Oltre centomila persone continuano a essere esposte alle esalazioni tossiche e alla contaminazione del terreno e dell'acqua. Disturbi respiratori, tumori, ansia e depressione, malformazione genetiche sono le conseguenze patite dai sopravvissuti e da chi quella notte terribile non era ancora nato.
Lo ricorda e lo denuncia il Bhopal bus che sta facendo il giro dell'Europa. Due le tappe nel nostro paese - Milano (ieri e oggi) e Roma (giovedì e venerdì) - organizzate con la collaborazione delle sezioni italiane di Amnesty International e di Greenpeace. A bordo del bus viaggiano alcuni sopravvissuti di Bophal, accompagnati da Satinath Sarangi, fondatore del Gruppo di informazione e azione su Bhopal e amministratore di una clinica dove si curano, per quanto è possibile, le malattie e le sofferenze causate dalla lunga scia delle nube tossica.
La prima giornata milanese è iniziata con un «clean up» di fronte alla sede della Dow Chemical che, nel 2001, ha assorbito la Union Carbide. Attivisti di Greenpeace e di Amnesty in tuta bianca hanno passato gli spazzoloni sui muri della sede per mimare al contrario la pulizia che le due multinazionali non hanno fatto. A mezzogiorno, in piazza Castello, il bus ha ospitato una conferenza stampa dove sono fioccate le critiche tanto alle multinazionali che al governo indiano.
«La Union Carbide e la Dow Chemical continuano a evadere la giustizia ed evitano di assumersi ogni responsabilità legale per i danni causati a Bhopal», ha dichiarato Satinath Sarangi. «Da parte sua il governo indiano, interessato ad attrarre investimenti esteri, preferisce blandire le corporation statunitensi piuttosto che prendersi cura dei suoi cittadini avvelenati». Il messaggio è chiaro: «Le aziende possono continuare a uccidere e ad avvelenare, facendola franca». Sarangi ha ricordato l'esiguità del risarcimento (470 milioni di dollari) pattuito nel 1988 con un accordo extragiudiziale tra Union Carbide e governo indiano. Un accordo severamente contestasto da vittime e associazioni, ma ciò nonostante confermato dalla Corte suprema indiana. Nell'agosto del 2008 il governo indiano si era impegnato a istituire una Commissione con pieni poteri sul disastro di Bhopal, promettendo adeguate risorse per bonifiche e cure mediche. Il partito del Congresso, rivinte le elezione, non ha ancora fatto nulla di concreto. Di qui il duro appello che Amnesty International rivolge al primo ministro Manmohan Singh: «Per 25 anni il governo indiano ha abbandonato la gente di Bhopal. Le promesse sono state ripetutamente infrante e nessuna azione adeguata e mai stata intrapresa per affrontare gli effetti della fuga di gas».
Ieri sera la delegazione di Bhopal è stata ospite a Radio popolare. Oggi si sposta in una scuola e in un circolo dell'Arci. Due segnalazioni per la tappa romana del Bhopal bus. Domani alle 17 all'Università Roma Tre convegno su "Imprese, diritti umani e ambiente". Venerdì alle 11 manifestazione sotto l'ambasciata dell'India che ha rifiutato d'incontrare protagonisti e sponsor del tour.