Barack e Michelle Obama avranno certamente festeggiato ieri sera. Non sono sicuro che David Axelrod e David Plouffe, i consiglieri politici del presidente, siano altrettanto entusiasti del Nobel annunciato ieri. La ragione è semplice: parecchi Nobel per la pace sono stati colpiti dalla malasorte dopo aver avuto il loro momento di gloria. Martin Luther King, premiato nel 1964, fu ucciso nel 1968. Mikhail Gorbaciov, premiato nel 1990, prima subì un golpe dei nostalgici dello stalinismo in Urss e poi, dopo il fallimento del tentativo, dovette assistere alla dissoluzione dell'Urss nel 1991. Yitzhak Rabin, premiato nel 1994, fu assassinato nel 1995. Yasser Arafat, premiato insieme a Rabin, fu condannato all'irrilevanza politica dai governi israeliani che si formarono dopo la scomparsa di Rabin (Netanyahu, Barak e Sharon) e morì nel 2004.
Nello specifico caso dei due presidenti americani che hanno ricevuto il premio prima di Obama, Theodore Roosevelt ottenne il Nobel nel 1906 per la sua efficace mediazionie nella sanguinosa guerra russo-giapponese, ma i tentativi di trascinare il Congresso sulla strada di riforme progressiste ebbero un successo limitato. Il suo biografo H. W. Brands ha commentato il suo secondo mandato scrivendo: «Per quanto strenui fossero stati gli sforzi di Roosevelt nelle trattative con i giapponesi e specialmente i russi, tutto ciò sembrava deliziosamente semplice e lineare in confronto alle sue lotte con il Congresso».
Nel 1908 Roosevelt rinunciò a candidarsi e lasciò la presidenza al collega repubblicano William Taft, con cui ruppe politicamente poco dopo, decidendo di presentarsi con un suo partito nel 1912, quando ottenne un successo personale superando il 27% dei voti. Troppo poco, però, per battere i democratici che, uniti, elessero Woodrow Wilson. Particolare non trascurabile: durante la campagna elettorale, Roosevelt fu colpito da una pallottola al petto sparata da uno squilibrato, e solo grazie all'astuccio metallico degli occhiali il proiettile si fermò prima di raggiungere il cuore.
Per quanto riguarda Jimmy Carter e Al Gore, basti dire che entrambi hanno ricevuto il premio dopo essere usciti dalla politica attiva. Carter, sconfitto da Ronald Reagan nel 1980, ha effettuato numerose missioni di pace un po' ovunque ed è stato premiato per questo nel 2002. Gore, anch'egli assente dalla scena politica americana dopo la frode elettorale che lo privò della presidenza nel 2000, è stato premiato nel 2007 per il suo impegno ambientalista. Nessuno dei due è stato in qualche modo avvantaggiato politicamente da questo riconoscimento internazionale.
Occorre ricordare che una parte importante dell'America profonda detesta tutte le organizzazioni internazionali, in particolare l'Onu, e sospetta che il governo di Washington sia in combutta con i nemici esteri per sottrarre ai cittadini le loro preziose libertà costituzionali. Non a caso Rush Limbaugh, il conduttore radiofonico di estrema destra seguito da decine di milioni di ascoltatori, ieri ha immediatamente dichiarato: «Con questo cosiddetto premio, le elite del mondo chiedono a Obama, uomo di pace, di non aumentare le truppe in Afghanistan, di non agire contro l' Iran e il suo programma nucleare e sostanzialmente di continuare a mettere in atto il suo programma di disarmare gli Stati Uniti».
L'estate scorsa c'è stata una violenta campagna del partito repubblicano e dei suoi alleati contro il modesto progetto di riforma sanitaria di Obama, presentato come l'anticamera del socialismo e dell'eugenetica nazista. Un tema centrale della propaganda è stata l'esistenza, nel piano, di presunte «commissioni di morte» che avrebbero deciso a chi concedere le cure, e per quanto tempo. Naturalmente nel progetto non esisteva nulla del genere, non si parlava né di aborto né di eutanasia, ma l'argomento ha ugualmente fatto presa in una parte consistente del pubblico americano e oggi l'opinione pubblica è spaccata a metà, con un vantaggio marginale per gli oppositori della riforma. Il premio Nobel, quindi, rafforza l'immagine di un Obama «straniero» e più amato all'estero di quanto sia in patria: Axelrod e Plouffe dovranno lavorare parecchio per rimontare la china, nei prossimi mesi.