Prende le mosse da un dipinto l'ultimo lavoro di Richard Flanagan, l'autore della Vita sommersa di Gould, il miglior romanzo giunto dall'Australia in questa prima decade del terzo millennio. A ossessionare lo scrittore è un ritratto ad acquerello conservato allo Hobart Museum: raffigura la bambina aborigena con il grazioso vestitino rosso, che compare in questa pagina. La cornice ovale taglia la figura all'altezza delle caviglie, non per caso: come il Valentino di pascoliana memoria, infatti, la bimba calzava solo «la pelle dei suoi piedini», disdicevole a vedersi per i committenti coloniali del quadro.
Appresi questi particolari un quarto di secolo fa, Flanagan ha continuato a fare ricerche sulla bambina, scoprendone il nome, Mathinna, e la triste storia. Dopo essere sopravvissuta al genocidio aborigeno di Van Diemen's Land, la ragazzina fu adottata da Sir John Franklin, governatore della Tasmania dal 1837 al 1843 e dalla moglie, Lady Jane, per divenire la cavia di un esperimento pedagogico destinato a fallire miseramente. Nel tentativo di fare luce sulle ragioni che impedirono a Franklin di trasformarsi in un novello Pigmalione, Flanagan intreccia la storia di Mathinna con quella, posteriore di poco più di un decennio, della passione di Charles Dickens per l'attrice Ellen Ternan. A unire le due vicende è la richiesta che Lady Jane fa a Dickens, una volta rientrata a Londra e perdute le tracce del consorte, scomparso in un'improbabile esplorazione polare: la richiesta è quella di riabilitare la reputazione del marito dai sospetti di cannibalismo, avanzati dalla stampa inglese. Siamo nel 1854: lo scrittore, insoddisfatto della sua vita privata, frustrato da un matrimonio infelice, alla ricerca di nuovi stimoli, prende a cuore la vicenda. Lo fa in un primo tempo scrivendo per la sua rivista, «Household Words», una difesa di Franklin dai toni quasi razzisti, poi traendo dalla sua storia lo spunto per un dramma, The Frozen Deep, in cui si ritaglia la parte del protagonista.
Una stessa convinzione, destinata per entrambi a infrangersi miseramente contro gli assalti del reale, accomuna Dickens e Lady Jane: la civiltà consiste nella capacità di conquistare il desiderio, negarlo e sconfiggerlo. E se Lady Jane, al momento dell'incontro con lo scrittore, ha già soffocato i suoi istinti materni in nome del raziocinio, negando a Mathinna le manifestazioni del suo affetto e poi abbandonandola in un orrido orfanotrofio che nulla a che invidiare con quelli descritti dallo stesso Dickens, quest'ultimo si troverà ad essere lacerato da una passione irrefrenabile per una diciottenne, cui dichiarerà il suo desiderio sul palcoscenico, modificando a soggetto la scena finale del suo dramma.
Cupa e disincantata meditazione sul desiderio, il romanzo di Flanagan si avvale di una narrazione binaria - un capitolo per Mathinna e uno per Dickens - condotta da un impeccabile punto di vista onnisciente in stile vittoriano: siamo lontani dal tour de force metanarrativo del narratore inaffidabile della Vita sommersa di Gould, anche se l'ambientazione e lo svolgimento della vicenda tasmaniana rimandano, ovviamente, a quel romanzo. La tragicissima fine di Mathinna, la sua dolente e inarrestabile discesa agli inferi, e le bassezze dei suoi 'benefattori' bianchi (primo fra tutti il pedofilo Sir John) collegano invece questa disgraziata creatura e la sua travagliata storia alla non meno drammatica vicenda di un'altra giovane donna raccontata da Flanagan: la protagonista di The Unknown Terrorist, notevole riflessione sull'Australia del dopo 11 settembre, che meriterebbe di essere tradotta in tempi brevi. Quanto al Dickens di Solo per desiderio, il suo antecedente è da ricercarsi non solo nella figura che emerge dalla monumentale biografia dickensiana di Peter Ackroyd - che del resto Flanagan riconosce come fonte delle notizie biografiche contenute nel suo testo - ma anche nella trasfigurazione narrativa che dello stesso scrittore offrì, circa un decennio fa, Peter Carey in Jack Maggs, il suo bellissimo sequel di Grandi Speranze. Sarebbe interessante indagare questa attenzione per il grande narratore ottocentesco da parte dei migliori autori contemporanei australiani: confrontarsi con Dickens significa, infatti, anche fare i conti con il passato coloniale e soprattutto con i suoi segreti e le sue miserie. Se Carey nel galeotto di Grandi speranze scopriva un proprio antenato, Flanagan nel desiderio che trascina il suo Dickens lontano dagli obblighi di padre e sposo vittoriano riconosce l'essenza della vita: l'impossibilità di costringere i piedini di Mathinna nelle scarpette di vernice, il contrasto irrisolto tra gli aborigeni dai piedi scalzi e la costrizione occidentale di indossare scarpe.