LIBRI: HENNING MANKELL, IL CINESE, MARSILIO, PP. 587, EURO 19
Ottima lettura per questo ultimo scorcio d'estate, Il cinese può sembrare un'indagine congiunta tra l'ispettore Wallander di Mankell e l'ispettore Chen di Qiu Xiaolong (entrambi nel catalogo Marsilio) tanto la conoscenza del terreno svedese e cinese sembra familiare all'autore, maoista in gioventù, quando anche in Svezia si agitava il Libretto rosso. Henning Mankell vive oggi tra Svezia e Mozambico e forse ha elementi di conoscenza diretta sulla penetrazione cinese in Africa, tanto da seguire con passione le vicende della svolta postmaoista cinese, anche nelle sue diramazioni africane di investimenti e presenza strategica, che entrano di scorcio nella costruzione del suo nuovo plot, delineando migrazioni di massa di contadini cinesi per alleviare la pressione sulle città e gli squilibri dello sviluppo interno.
La giudice protagonista, Birgitta Roslin, alter ego dell'autore nei trascorsi giovanili maoisti, alle prese con un massacro efferato in un villaggio svedese, che ha colpito suoi lontani congiunti, si trova a risalire le fila di un intrigo che ha origini in crimini lontani, commessi all'epoca in cui i cinesi semischiavizzati costruivano le ferrovie americane e dalla Svezia partivano emigranti in cerca di fortuna in America e missionari desiderosi di convertire i cinesi alla fede protestante. C'è insomma un vecchio conto in sospeso tra Cina ed Europa, che forse alcuni tra i più cinici modernizzatori cercano di regolare...
Questo sfondo storico, che rende la lettura appassionante e depistante, fa dell'ultima opera di Mankell un caso a sé, proiettata su un orizzonte globale, con frequenti spostamenti di scena e di tempo, tra un oggi avveniristico e un retroterra ottocentesco, tra Svezia, Cina, Africa, Londra e Stati Uniti. Meno nordico del solito e ricco di interrogativi inquietanti sul futuro della Cina e di ricostruzioni da romanzo storico, sorprenderà forse i lettori affezionati, ma può incuriosire un nuovo pubblico.
La vicenda noir è forse un po' improbabile, ma efficaci sono le descrizioni della vecchia Cina sotto dominazione straniera, dello sfruttamento della manodopera immigrata nella epopea americana, così come il ritratto degli zelanti missionari svedesi. Nell'oggi il fuoco è sulla Cina in tumultuoso sviluppo, in una Pechino di grattacieli e hotel di lusso in cui la lotta tra le fazioni al potere, tra ultraliberisti e conservatori neomaoisti più attenti agli equilibri sociali, si riflette nei comportamenti degli organi di sicurezza e della polizia segreta, preposti alla sorveglianza dell'ignaro straniero.
Ed è proprio nella polizia segreta cinese che la giudice svedese trova una collaboratrice reticente ma efficace a perseguire la ricerca della verità, Hong, una sorella cinese esponente della fazione antiliberista che la aiuta a proprio rischio a far trionfare la giustizia. La patologia del crimine stavolta si addentra nei meandri del nuovo protagonismo cinese, che può tingersi di nazionalismi esasperati e di sfrenate ambizioni. La quotidianità di una matura donna svedese, scossa dalla proiezione in questo orizzonte più ampio, fa riemergere gli interrogativi che la spinsero in gioventù a un impegno di cambiamento radicale poi disatteso nella routine professionale.